Il contesto regionale - interregionale
1.1. La struttura e le dinamiche demografiche ed economiche
1.1.1. Il contesto territoriale di riferimento
Uno sguardo che si proponga di collocare la Provincia di Novara, sotto il profilo sociale ed economico, nel contesto regionale e interregionale, non può mancare di interrogarsi sulla complessità delle relazioni a "geometria variabile" del novarese con la regione piemontese e con quella lombarda, ma anche con il più ampio sistema territoriale transregionale e transnazionale che connette la regione padana all’Europa centro-settentrionale.
Le dinamiche recenti del sistema produttivo e in generale dell’economia novarese possono dunque essere adeguatamente comprese soltanto in un contesto territoriale interregionale. Nel presente quadro analitico-conoscitivo si è assunto come riferimento territoriale un contesto ampio, che comprende le province piemontesi del Verbano-Cusio-Ossola, di Vercelli, di Alessandria, di Biella e di Torino e le province lombarde di Milano, Pavia, Varese e Como. Le ragioni che hanno indotto a condurre i confronti interprovinciali limitandosi alle province precedentemente citate sono in parte dettate dalla contiguità geografica, morfologica e produttiva di alcune aree della provincia di Novara con altre province, e in parte alludono al sistema di relazioni territoriali che Novara intrattiene anche con le aree metropolitane di Torino e Milano e con il sistema pedemontano lombardo.
Naturalmente, la scelta di concentrare l’attenzione su questo contesto territoriale, come peraltro ogni procedura di delimitazione, presenta elementi di arbitrio. Per molti aspetti fondamentali, di natura geografica, infrastrutturale ed economica, il territorio novarese si inquadra più complessivamente in un sistema territoriale di più ampie dimensioni. La provincia di Novara si colloca infatti all’intersezione tra le due dorsali continentali: la cosiddetta "Sun Belt", che va dalla Catalogna alla Baviera, e la cosiddetta "Banana Blue", che corre dall’Inghilterra meridionale al sud della pianura padana. Inoltre, il territorio novarese si colloca lungo il principale asse infrastrutturale est-ovest del nostro paese, e in posizione intermedia tra le aree metropolitane milanese e torinese e alcuni fondamentali "porte" del nord Italia verso i paesi del nord Europa (innanzitutto l’asse del Sempione, ma anche quello del Gottardo).
Anche definendo e limitando il contesto territoriale di riferimento secondo i criteri già indicati, quest’area rappresenta uno dei sistemi territoriali e produttivi più ricchi e avanzati del paese. In questa ampia macroregione, la provincia di Novara assume una posizione centrale sia sotto il profilo geografico, sia come snodo delle grandi infrastrutture di trasporto (autostrade A4 e A26, linee ferroviarie Lione-Torino-Milano-Trieste e Sempione-Genova).
Come è stato riconosciuto ormai in una pluralità di ricerche economico-territoriali, urbanistiche, geografiche e sociologiche, le morfologie produttive e territoriali che caratterizzano quest’area sono in corso di rapida trasformazione.
Il contesto territoriale di riferimento non è naturalmente omogeneo. Nella stessa pro-vin-cia di Novara hanno convissuto diversi modelli di sviluppo locali: da quelli centrati sul ruolo del settore primario (soprattutto nella pianura irrigua localizzata a sud della pro-vincia), a quelli definiti intorno ad imprese manifatturiere leader di grandi dimensioni (soprattutto nella città di Novara e nei settori chimico, con il polo della Montedison, edi-toriale, intorno alla De Agostini e alimentare, con la presenza della Pavesi), fino a quelli guidati dallo sviluppo di sistemi distrettuali di piccole e medie imprese industriali (so-prattutto nella zona settentrionale, con il distretto della rubinetteria, e nella zona occi-den-tale, con il distretto del tessile e abbigliamento, e in particolare dei costumi da bagno).
Ciascuno di questi percorsi di crescita economica, nel territorio novarese e più in generale nel sistema del nord-ovest, ha subito negli ultimi due decenni processi di ristrutturazione profonda.
In primo luogo si può dire ormai pienamente compiuto il declino del modello di sviluppo e regolazione che la letteratura definisce sovente "fordista", centrato sul ruolo della grande impresa e su un peculiare rapporto tra modalità della presenza territoriale della produzione, organizzazione d’impresa e forme di regolazione sociale. La presenza delle attività di produzione di beni non si è solamente contratta (è il caso del polo chimico novarese), ma si è innanzitutto modificata a livello organizzativo e dimensionale (come dimostra la ristrutturazione della filiera dell’editoria legata alla De Agostini), anche partire da nuove forme di relazione tra industria, servizi e territori.
In secondo luogo, si sono sviluppate morfologie della terziarizzazione specifiche a livello territoriale, che delineano peculiari modelli di sviluppo centrati sulle attività di creazione ed erogazione di servizi.
Infine, sono profondamente mutati i tratti della presenza delle attività agricole, e del loro rapporto con i territori e con i settori secondario e terziario.
A fronte di questi cambiamenti, una lettura omologante sotto il profilo territoriale dei processi di ridefinizione del modello di sviluppo del nord-ovest italiano mostra la corda, anche in prospettiva storica e soprattutto per un territorio articolato come quello della provincia di Novara. La ridefinizione degli assetti organizzativi d’impresa, dei caratteri insediativi delle aziende industriali commerciali e di servizio e delle morfologie della terziarizzazione, evidenzia dunque la necessità di una lettura differenziata dei processi di sviluppo territoriale.
Il novarese è oggi un’area di grande interesse, nella quale si sperimentano nuove morfologie territoriali dello sviluppo. Si tratta di forme centrate sull’articolazione dei sistemi produttivi locali e su un equilibrio, instabile ma evolutivamente ricco, tra zone ancora segnate da una presenza rilevante della produzione agricola, importanti nuclei di specializzazione manifatturiera centrati sulla piccola e media impresa e un centro urbano propulsivo, nel quale si stanno faticosamente ridisegnando i caratteri di una economia dei servizi aperta alla regione e al contesto interregionale.
Territorio di sperimentazione di nuovi equilibri dal punto di vista dei modelli di sviluppo locale, l’area novarese ha visto mutare negli ultimi due decenni anche la propria collocazione nel sistema territoriale più ampio, rappresentato dal contesto interregionale comprendente il Piemonte e la Lombardia occidentale.
E’ oggi condivisa l’opinione secondo la quale l’area novarese e il relativo bacino, di dimensioni più ampie di quelle provinciali, dipendano innanzitutto da Milano, principale "attrattore" per l’economia novarese (cfr. capitolo 1.2., "Le gerarchie e le reti urbane"). I dati censuari del 1991 rielaborati dall’Ires Piemonte permettono di individuare a livello regionale due centri urbani di primo livello, Torino e Novara. Tuttavia, il novarese presenta tratti di crescente integrazione con il sistema territoriale rappresentato dal capoluogo lombardo, dal quale dipende in termini di rango, evidenziando dunque una progressiva centratura verso est che già emergeva dai dati censuari del 1981.
Ciò implica, come vedremo, che anche l’orientamento degli assetti del sistema produttivo della provincia di Novara si ridisegna oggi in un nuovo rapporto con l’intero sistema interregionale e in particolar modo con il polo rappresentato dalla regione milanese.
1.1.2. Le dinamiche di lungo periodo della popolazione: un'area di crescita
Un primo elemento che consente di collocare la provincia di Novara in un contesto più ampio è rappresentato dalle dinamiche fondamentali della popolazione. Se si considerano i soli dati di stock della popolazione residente a partire dal 1971, si può osservare come il contesto novarese sia di gran lunga il più dinamico a livello regionale e si allinei alle province lombarde che presentano andamenti più positivi (Varese e Como). Il confronto interprovinciale della Tab. 1 nell'allegato statistico evidenzia come la provincia di Novara presenti il maggior incremento (o il minor decremento) di popolazione tra le province del Piemonte in tutti e tre i periodi considerati (1971-81; 1981-91; 1991-96). In particolare, nel corso degli anni ’90 a fronte di un calo della popolazione in tutte le altre province piemontesi considerate, la popolazione della provincia di Novara cresce di circa 6.000 unità, con un aumento dell’1,77%. Soltanto la provincia di Como, tra quelle considerate per il confronto, presenta una crescita più sostenuta.
Le ragioni di questa dinamicità dell’area novarese sono imputabili a più fattori. Innanzitutto, la nuova provincia di Novara presenta una struttura per classi d’età relativamente spostata verso le fasce giovani. Le elaborazioni dell’Ires Piemonte evidenziano in particolare che la provincia di Novara, insieme a quella di Cuneo, presenta tra il 1981 e il 1991 la minore riduzione della popolazione al di sotto dei 14 anni. Anche le proiezioni demografiche Ires al 2003 assegnano alla provincia di Novara dinamiche meno accentuate di senilizzazione.
Inoltre, la provincia di Novara, insieme alle altre provincie non metropolitane del Piemonte con l’esclusione del Verbano-Cusio-Ossola, presenta una dinamica positiva e attrattiva dei saldi migratori.
Questi dati vengono confermati e in parte accentuati quando si consideri il comune capoluogo. Nel periodo 1991-96 la città di Novara è l’unica tra tutti i capoluoghi considerati a presentare una crescita maggiore dell’1% (+1,28%), mentre tutti gli altri capoluoghi, con la sola eccezione di Alessandria (+0,36%) perdono residenti.
Questo risultato molto positivo non solo per la provincia, ma anche per il comune di Novara richiede una interpretazione multidimensionale, che metta in relazione fattori strettamente demografici (a partire dai flussi migratori e dai processi di invecchiamento) a fattori economici (la crescita della città di Novara come polo di servizio di livello regionale) e territoriali (legati tra l’altro alle dinamiche del mercato immobiliare e della rendita urbana).
Se osserviamo poi le tavole che presentano le dinamiche della popolazione residente a livello comunale, possiamo riconoscere innanzitutto il progressivo "allacciarsi" dell’area novarese alle dinamiche del contesto metropolitano milanese. Nel 1996 quasi tutti i comuni dell’Ovest-Ticino, fino ai centri lacuali, presentano una popolazione superiore ai 5.000 abitanti (cfr. Tav. 1), saldandosi a nord all’area del Legnanese e del Bustocco, e a sud all’area metropolitana milanese. Molto meno abitate sono la zona collinare e prealpina a nord e quella meridionale della provincia, caratterizzate dalla presenza di comuni di taglia demografica più ridotta. Alcuni di questi, assimilabili ai comuni contigui del vercellese e del biellese a ovest, mostrano fenomeni demografici caratteristici delle aree collinari, mentre altri (localizzati nella pianura irrigua) evidenziano i caratteri demografici propri della tipologia dello sviluppo agrario monoculturale.
Le dinamiche demografiche di lungo periodo (presentate nella Tav. 2, che discrimina i comuni a seconda dei trend crescenti, decrescenti o variabili della popolazione tra il 1971 e il 1996), evidenziano una evoluzione dei centri della parte occidentale della provincia di Novara per molti aspetti assimilabile ai comuni dell’ovest milanese e della provincia di Varese. Diversamente da quanto accade nelle zone agricole del vercellese, del pavese e dell’alessandrino, in provincia di Novara prevalgono con poche eccezioni i comuni che presentano un trend costantemente crescente o almeno crescente nell’ultimo periodo considerato (1991-96). In questi comuni si è deter-minato un interessante equilibrio tra la presenza dell’attività risicola, fortemente specia-lizzata, con aziende dotate di un solido assetto strutturale, e processi demografici e insediativi di segno relativamente positivo.
Inoltre, significativamente, la presenza di comuni che presentano una crescita della popolazione in ciascuno dei sottoperiodi considerati non appare esclusivamente legata ai fenomeni di perdita di popolazione del comune capoluogo a favore dei comuni limitrofi, come invece sembra accadere per le aree metropolitane milanese e torinese.
Le Tav. 3-4 mostrano poi le dinamiche della popolazione negli anni ’80 e ’90, evidenziando come nel periodo più recente (1991-96) la maggioranza dei comuni della provincia di Novara presenti tassi di crescita della popolazione positivi, sebbene inferiori al 10%, in linea con quanto accade nei comuni dell’ovest e del nord-ovest milanese e dell’area varesina, e diversamente da quanto accade nelle altre province piemontesi.
1.1.3. Il posizionamento competitivo: una economia dinamica e aperta ai mercati
Il carattere fortemente dinamico degli assetti socio-economici della provincia di Novara, eviden-ziato dai dati demografici, trova conferma nei principali indicatori strutturali e congiunturali dell’economia novarese.
In un contesto regionale che ha presentato nel corso degli anni ’90 andamenti congiunturali con-trastati, anche in relazione alle dinamiche macroeconomiche nazionali, l’economia novarese ha presentato, anche nella fase di più acuta difficoltà e di vero e proprio arresto della crescita (intor-no al 1993), una buona tenuta, che nell’ultima fase si è trasformata in una notevole dinamicità.
Se si considerano alcuni dati recenti di fonte camerale (costruiti a partire dalle banche dati Cerved), che consentono alcune comparazioni tra la provincia di Novara e le altre province piemontesi, è possibile tracciare il profilo di un sistema produttivo che nel corso degli anni ’90 ha saputo reggere ai processi di riduzione, anche congiunturale, dell’occupazione manifatturiera, ancora consistente alla fine degli anni ’80 in un’area di più antica industrializzazione quale quella novarese, e che nel corso degli ultimi anni ha presentato dinamiche positive.
Alcuni dati, di fonti diverse e spurie, che riguardano i primi anni ‘90 (i dati più recenti non presentano ancora un grado sufficiente di stabilità e affidabilità) e che fanno ancora riferimento ai confini della vecchia provincia (comprendente anche l’area del Verbano-Cusio-Ossola, in seguito autonoma), consentono comunque di evidenziare diversi aspetti rilevanti delle performance competitive dell’economia novarese.
Nel periodo 1990-94 la provincia di Novara ha presentato, secondo i dati INPS, una contenuta riduzione degli occupati alle dipendenze (-1,9% contro una media regionale di –6,4%), dovuta essenzialmente a un calo degli occupati nell’industria manifatturiera comunque inferiore a quello medio regionale.
Altri dati riguardanti un analogo arco di tempo (1991-94), ma di fonte camerale e dunque non comparabili con i precedenti (cfr. Tab. 2-3 allegato statistico, relative al numero di unità locali e di addetti alle unità locali rilevate per province, per macrosettori e per classi dimensionali) evi-denziano ancora più nettamente la buona tenuta dell’eco-nomia novarese in una fase congiunturale negativa per l’intera regione e più in generale per il paese. Sebbene questi dati debbano es-sere interpretati con cautela, in ragione dei problemi di "traslazione statistica" e della impossi-bi-lità di valutare separatamente l’incidenza della nuova provincia del Verbano-Cusio-Ossola, le di-namiche degli addetti e delle unità locali sembrano evidenziare per i primi anni ’90 una notevole vivacità dell’economia novarese, quando confrontata a quella delle altre provincie piemontesi.
In particolare , tra il 1991 e il 1994 le unità locali crescono in provincia di Novara più che in ogni altra provincia della regione (+6,09%). Tale crescita è l’esito del consistente aumento nel settore dei servizi (+ 6,89 % ) e della sostanziale tenuta dell’industria (-0,96%) (Tab. 2 allegato statistico). Inoltre, l’aumento di unità locali è largamente imputabile alla crescita del numero di aziende di piccole dimensioni (fino a 2 addetti), mentre è in regresso, sia a livello regionale che a scala provinciale, il numero di unità locali con più di 10 addetti, sia nel settore manifatturiero che nei servizi.
Queste valutazioni vengono sostanzialmente confermate anche dai dati relativi agli addetti (Tab. 3, allegato statistico), statisticamente meno affidabili rispetto a quelli relativi alle unità locali. Complessivamente, mentre a livello regionale si assiste a un calo di addetti superiore al 7,6%, la provincia di Novara presenta il calo più contenuto dell’intera regione (-2,09% contro una riduzione del 6,74%). Questo risultato è la composizione della più modesta riduzione di addetti nel comparto manifatturiero tra tutte le province (-6,94% contro un -14,03 regionale) e della migliore performance nel settore terziario (+3,05%contro un -2,81 regionale).
A livello dimensionale, la provincia di Novara evidenzia inoltre un progressivo spostamento degli addetti nelle classi dimensionali più piccole, anche se la perdita di addetti nelle medie aziende (tra 10 e 99 addetti) è la più ridotta dell’intera regione.
Per quanto debbano essere valutati con estrema cautela, questi dati sembrano confermare la sostanziale capacità dell’economia novarese di reggere la sfida competitiva anche nelle fase di maggiore difficoltà congiunturale, operando congiuntamente nella direzione di una complessiva ristrutturazione degli assetti organizzativi e dimensionali d’impresa.
Anche nel corso degli ultimi anni l’economia novarese ha manifestato una buona tenuta. Il numero di imprese iscritte al Registro Ditte della Camera di Commercio si è mantenuto relativamente stabile intorno alle 25.000 unità nel corso del biennio 1996-97. Congiuntamente, il numero di iscritti alle sezioni circoscrizionali per l’impiego, negli stessi due anni, ha evidenziato una leggera diminuzione.
L’immagine complessiva che emerge da questi dati, che pure devono essere guardati con cautela in ragione dell’esistenza di differenze intraprovinciali spesso più significative di quelle interprovinciali e alle quali dedicheremo attenzione nel successivo capitolo 1.2, è quella di una economia in fase di trasformazione, con elementi di debolezza dovuti alle difficoltà di una transizione che presenta problemi inediti per le imprese e per il sistema economico nel suo complesso, ma anche con evidenti capacità di crescita e di adattamento strutturale e congiunturale.
1.1.4. L'assetto strutturale: un sistema produttivo articolato
Ulteriori considerazioni sul posizionamento dell’economia novarese nel contesto territo-riale interregionale scelto come riferimento possono essere fatte confrontando i dati cen-suari alle soglie del 1981 e del 1991. Questi dati, diversamente da quelli utilizzati per dar conto delle dinamiche congiunturali, permettono di mettere a fuoco i caratteri del cam-biamento strutturale dell’economia locale a un adeguato grado di disaggregazione, anche se hanno il limite di fermarsi al 1991. L’utilizzo di questi dati permette tuttavia di verificare alcune ipotesi di medio-lungo periodo a una scala territoriale adeguata.
Se la Tav. 5 offre una immagine sintetica delle dimensioni dei sistemi produttivi locali, evidenziando la presenza di comuni con un significativo numero di addetti nell’area che salda la città di Novara alla provincia di Milano e nel distretto industriale di San Maurizo d’Opaglio-Borgomanero, la Tav. 6 mostra invece la presenza di elevati tassi di crescita del numero di addetti totali nel periodo 1981-91 nell’intera fascia dell’Ovest-Ticino (laddove, per la zona del lago Maggiore, pesa significativamente anche il settore turi-stico), in continuità con i sistemi produttivi dell’ovest milanese e della parte occiden-tale della provincia di Varese.
Perdono invece addetti (con tassi di decremento superiori al 5%) molti comuni della fascia agricola meridionale della provincia, integrati alle dinamiche del sistema produttivo della pianura risicola del pavese e del vercellese, i comuni della Val Sesia e alcuni comuni montani o collinari collocati tra i due laghi (Maggiore e d’Orta) e integrati alla parte meridionale della nuova provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
Appare molto significativo che il comportamento del comune di Novara si differenzi da quelli dei comuni metropolitani (Milano e Torino), che presentano nel corso degli anni ’80 una riduzione di addetti assai più accentuata. Il dato può essere in parte motivato osservando come il processo di terziarizzazione dell’area di Novara, soprattutto per quanto attiene al settore commerciale e ai servizi al sistema produttivo, sia ancora in parte incompiuto, offrendo ulteriori opportunità di crescita occupazionale.
La provincia di Novara, nel corso degli anni ’80, e poi ancora negli anni ’90, come dimostrato dai dati di altra fonte precedentemente commentati (cfr. Tab. 2-3, allegato statistico), mantiene una significativa specializzazione industriale. Come mostrano le Tav. 7-8, dell'allegato statistico, il tasso di industrializzazione dei comuni dell’area novarese è allineato a quello delle aree a più forte industrializzazione della Lombardia occidentale e a quello presentato dai comuni dell’area metropolitana torinese. Emergono inoltre nuclei di specializzazione manifatturiera nei comuni a nord del capoluogo, nell’area di Gozzano e in quella di San Maurizio d’Opaglio.
Questi elementi vengono confermati anche dal confronto interprovinciale degli addetti all’industria sul totale degli addetti (Tab. 4). Nel 1991, con la sola esclusione del Biellese e delle province lombarde di Como e Varese, la provincia di Novara presenta una spiccata specializzazione manifatturiera. La metà degli addetti, all’inizio degli anni ’90, è ancora occupata in imprese industriali, mentre la percentuale del comune capoluogo è allineata a quella di Torino e degli altri capoluoghi piemontesi, ma significativamente inferiore al dato di Milano.
La ancora forte presenza manifatturiera consente di definire la provincia di Novara come un’area caratterizzata non da processi di drastica deindustrializzazione, ma piuttosto da fenomeni di ridefinizione delle morfologie d’impresa e dei caratteri della dimensione territoriale della produzione di beni. Il novarese si caratterizza anche per la peculiarità dei processi di terziarizzazione che lo hanno investito nel corso degli anni ‘80. La quota di addetti al terziario sul totale degli addetti è cresciuta tra il 1981 e il 1991 dal 43,5% al 50,2%, rimanendo tuttavia inferiore alle medie regionali del Piemonte e della Lombardia (in entrambi i casi tra il 53% e il 54%), sia ai dati delle altre province di riferimento, con l’eccezione di Biella, Como e Varese (cfr. Tab. 5). La distribuzione territoriale dei processi di terziarizzazione non è omogenea a livello provinciale (cfr. Tav. 9-10). Nel corso degli anni ’80 è infatti significativamente cresciuto il numero di comuni con una quota di addetti al terziario superiore al 60%, sia intorno al comune di Novara, sia nella fascia dei comuni del Lago Maggiore.
I caratteri della terziarizzazione dell’economia novarese, quando comparati a quelli caratterizzanti il contesto territoriale interregionale, appaiono di un certo interesse. In primo luogo, la quota di addetti nei settori classificabili come "servizi al sistema produttivo" (servizi di trasporti, credito e assicurazioni, rispetto al quale il dato è però distorto dalla presenza di un elevato numero di addetti nella sola Banca Popolare di Novara, ricerca, attività professionali e altri servizi alle imprese) presenta nel 1991 (cfr. Tab. 6) un livello (13,7%) inferiore a quello delle sole province di Milano, Torino e Alessandria, ma significativamente superiore a quello delle altre province nelle quali è più forte la presenza di addetti nell’industria (Como, Varese e Biella).
Questo dato sembra confermare la presenza di un tessuto produttivo che, pur con forti differenze territoriali, delle quali daremo conto più oltre, si presenta attrezzato alle sfide competitive. La struttura dell’economia della provincia di Novara, nel corso degli anni ’80, sembra caratterizzarsi per l’affermazione di un profilo che, pur mantenendo un tessuto industriale diversificato, ha saputo rafforzare, nel quadro di un processo generale di terziarizzazione, la presenza di servizi avanzati al sistema produttivo.
Da questo punto di vista, le Tav. 11-12 permettono di riconoscere nell’area novarese un profilo intermedio tra quello caratterizzante i nuclei metropolitani di Milano e Torino e quello proprio di altre aree a forte presenza industriale, nelle quali i principali elementi di debolezza risiedono proprio nella fragilità del tessuto territoriale di servizi alle imprese.
1.2. La struttura e le relazioni territoriali, rango e specializzazione dei centri, progettualità di area vasta
1.2.1. La "Prima Italia" in un contesto in trasformazione
La provincia di Novara appartiene a pieno titolo a quella macro-regione, il nord-ovest italiano, caratterizzato da processi di sviluppo industriale e urbano relativamente precoce, che è stata storicamente definita come "Prima Italia".
Lo sviluppo economico-territoriale dell'area del cosiddetto "triangolo industriale" (ai cui vertici stanno Milano, Torino e Genova) è stato caratterizzato da concentrazione industriale, secondo il modello "fordista" basato prevalentemente su grandi imprese operanti nei settori di base e nella produzione di beni standardizzati di massa, e da concentrazione urbana, a cui ha fatto riscontro un relativo spopolamento delle zone rurali (campagna, collina e montagna) anche interne alla macro-regione.
Questo modello di sviluppo ha subito vistosi cambiamenti nel corso degli ultimi venticinque anni.
L'affermazione di processi di industrializzazione diffusa e crescita urbana "periferica" hanno determinato la nascita e - in seguito - il consolidamento di nuove aree di sviluppo (in primo luogo la direttrice pedemontana, ma anche altre aree a precedente vocazione rurale e con attività produttive rivolte prevalentemente al mercato locale), che si sono appoggiate su una rete di città medie e di centri minori pre-esistenti, la cui vitalità rappresenta un lascito della storia lunga del nostro Paese.
Nel contempo l'innesco di processi di disurbanizzazione relativa ha comportato una riduzione di popolazione e addetti nei nuclei urbani centrali tale da non essere compensata, quantomeno sotto il profilo demografico, dalla crescita delle corone. Ciò ha determinato un declino degli abitanti all'intera scala metropolitana e una perdita di spinta propulsiva sotto il profilo occupazionale.
La gerarchia urbana - e più in generale - la struttura territoriale appare quindi profondamente marcata dall'intersecarsi di questi diversi processi evolutivi che in questo secolo hanno modificato la geografia insediativa del Nord-Ovest.
Ad un primo sguardo d'insieme è possibile riconoscere cinque principali ambienti, caratterizzati da modelli di sviluppo economico-territoriale - e da relativo rango - piuttosto differenti.
1.2.2. I poli metropolitani
Le aree metropolitane di Milano e Torino si rivelano di gran lunga le principali concentrazioni di popolazione e addetti del Nord-Ovest e sono collocate nei rami alti della gerarchia urbana europea.
Si tratta di aree di vecchia industrializzazione, con una struttura produttiva in entrambi i casi ancora fortemente orientata in senso manifatturiero.
Ma, mentre a Torino persistono, ancora evidenti, i caratteri della città industriale in senso classico e più incerti appaiono i processi di riconversione della sua base economica, nel caso Milanese la struttura produttiva nel corso degli ultimi 25 anni si è significativamente diversificata sia sotto il profilo settoriale che dimensionale.
In questo quadro, i processi di riduzione dell'occupazione industriale, soprattutto nel caso Milanese, vanno interpretati sia alla luce di fenomeni di rilocalizzazione, spesso di breve raggio, sia in ragione di incrementi di produttività del lavoro realizzata a seguito di innovazioni di processo.
Anche se non necessariamente ad un decremento dell'occupazione manifatturiera fa riscontro una diminuzione della produzione industriale, entro le aree metropolitane sono evidenti zone di sofferenza acuta, alcune delle quali riconosciute sia a scala Comunitaria (inclusione nelle aree a Obiettivo 2 dei comuni della provincia di Torino insieme ad alcune zone del capoluogo piemontese e dei comuni dell'Asse Sempione a cavallo tra la provincia di Milano e quella di Varese) sia a scala nazionale (inclusione nelle "aree di crisi" ex LN 236/93 dei comuni appartenenti alla Sezione Circoscrizionale per l'Impiego di Sesto San Giovanni e ancora dei comuni dell'Asse Sempione).
D'altro canto, la crescita di funzioni immateriali incorporate nei processi produttivi, oltre a sollecitare una forte domanda di lavoro terziario, ha determinato una crescente integrazione fra industria e servizi e un elevato grado di innovazione sia produttiva che sociale (innovazione organizzativa, relazionale, di prodotto, ecc.) che, soprattutto nel caso Milanese, danno luogo a elevati tassi di natalità imprenditoriale.
Seppur in misura diversa Torino e Milano rappresentano comunque centri industriali e direzionali estremamente vitali, in grado di esercitare un buon controllo sulla loro traiettoria di sviluppo e nel contempo di svolgere una funzione nazionale, fornendo modelli organizzativi e indicazioni strategiche all'intero Paese.
Accanto ai nuclei metropolitani centrali, le tavole mettono in luce la presenza di una "nuvola", più densa nel caso Milanese, di centri sub-provinciali. Tali comuni evidenziano una taglia considerevole sia sotto profilo demografico che sotto l'aspetto economico-occupazionale e, nel loro rapporto con il nucleo metropolitano centrale, sono caratterizzati da un fitto reticolo di relazioni che sono sia di dipendenza che di complementarietà.
Tali centri danno vita a sub-sistemi metropolitani che si qualificano sulla scorta di particolari condizioni territoriali di carattere fisico, economico-sociale, storico-culturale, ambientale in senso lato (nel caso Milanese si pensi al Vimercatese, alla Brianza, al Saronnese, alla conurbazione Legnano-Busto Arsizio-Gallarate; nel caso Torinese si pensi all'affaccio dell'area metropolitana sul Canavese o si pensi alle conurbazioni lineari che legano il capoluogo al suo hinterland in direzione sud-sud-ovest). Tali specificità vanno a definire un'identità ricca per ogni sub-sistema infra-metropolitano, che rappresenta un elemento distintivo rispetto ad altri sistemi locali. I diversi sub-sistemi, inoltre, sono tra loro collegati da relazioni funzionali dense e compartecipano quindi al complessivo processo di sviluppo metropolitano.
1.2.3. La fascia pedemontana
La fascia pedemontana, che interessa tutto l'arco prealpino piemontese e lombardo connettendosi "fuori-carta" ai sistemi produttivi del Nord-Est, rappresenta la direttrice di sviluppo che, nella fase più recente, ha mostrato il più intenso ritmo di crescita.
Il modello di sviluppo locale di queste aree, per quanto assuma fenomenologie differenti, presenta, ad un esame più attento, numerosi caratteri comuni. Esso si fonda, salvo alcune eccezioni come nel caso dell'elettronica a Ivrea, sulla presenza di fitti reticoli di piccole e medie imprese "endogene", spesso di natura "distrettuale" (in questo senso oggetto di riconoscimento con riferimento alla LN 317/91), in grado di operare con elevati livelli di autonomia. Tali imprese presentano una spiccata specializzazione in quei settori definiti come "industria leggera": fabbricazione di prodotti in metallo e meccanica nel Lecchese e nell'area di Treviglio, lavorazioni seriche nel comasco, mobili/legno e meccanica nella Brianza a cavallo tra la provincia di Milano e quella di Como, metalmeccanica nel Canavese, il tessile-abbigliamento e la meccanica nel basso Varesotto e ancora il tessile sia laniero che cotoniero nelle zone di Oleggio, Varallo, Borgosesia, Biella, ecc.
Si tratta di sistemi produttivi-territoriali caratterizzati da forti interdipendenze produttive sia intersettoriali che intrasettoriali; tipica in questo senso risulta l'estensione della filiera produttiva al comparto macchine per la lavorazione del prodotto specifico dell'area. In queste aree il processo di sviluppo, per quanto consistente, è avvenuto senza modificazioni radicali nell'organizzazione sociale (ad esempio non si sono registrati nel tempo drammatici fenomeni migratori in grado di sconvolgere la composizione della popolazione e degli attivi) e territoriale (ad esempio il processo di sviluppo urbano e territoriale non ha conosciuto fasi dirompenti o distruzione delle infrastrutture pre-esistenti), in quanto ha saputo combinarsi con specifiche modalità nel gestione dei rapporti tra economia, società e ambiente locale.
Tali sistemi nella maggioranza dei casi hanno mostrato, nel recente passato, una notevole reattività alle variazioni della domanda, dei mercati e più in generale dell'ambiente sia interno che esterno. Tale attitudine al cambiamento, che è anche alla base di un elevato tasso di nati-mortalità aziendale, ha consentito alle imprese dell'area di rigenerare di volta in volta le loro potenzialità espansive, anche in presenza di situazioni di crisi, a volte anche acuta (ad esempio il Verbano-Cusio-Ossola risulta inserita nelle aree a Obiettivo 2).
Lo sviluppo di natura diffusiva di questi sistemi produttivi si appoggia su un'armatura urbana spesso costituita da sistemi policentrici lineari che si strutturano lungo i fondi valle - e quindi lungo i relativi assi viari - e che trovano significativi punti di appoggio nelle città medie capoluogo di provincia (Lecco, Como, Varese, Biella) e in alcuni centri minori (Erba, Cantù, Borgomanero, Borgosesia, Ivrea, Ciriè, ecc.). La possibilità di utilizzare il capitale fisso infrastrutturale, sociale, istituzionale e - più in generale - di direzionalità pubblica, sedimentato nella deriva lunga dello sviluppo urbano di questi centri, ha consentito anche un discreto sviluppo di funzioni terziarie, che in molti casi hanno opportunamente supportato la crescita industriale di queste zone.
Tale morfologia territoriale e urbana condiziona fortemente anche le relazioni tra i centri. Tali relazioni si strutturano prevalente lungo le radiali, appoggiandosi alla rete dei capoluoghi provin-ciali e dei centri urbani medi per le funzioni di direzionalità, soprattutto pubblica, di secondo livel-lo e connettendosi più sporadicamente al cuore metropolitano per accedere ai servizi superiori.
1.2.4. La pianura
La fascia della pianura irrigua presenta una struttura insediativa relativamente lasca, contrassegnata dalla presenza di città medie (Novara, Vercelli, Pavia e Lodi) in genere caratteriz-zate da un'armatura di servizi (sanità, scuole, università, per quanto di recente costituzione, ecc.), da direzionalità pubblica (Uffici dell'Amministrazione Provinciale, Camera di Commercio, Inten-denza di Finanza, Ufficio Tecnico Erariale, Provveditorato agli Studi, Ufficio di Collocamento, ecc.) e privati (sedi provinciali di associazioni di categoria, partiti, sindacati, ordini professionali, ecc.) tipica dei capoluoghi. La rete dei capoluoghi è ulteriormente integrata da centri minori (alcu-ni come Vigevano e Casale Monferrato raggiungono dimensioni non trascurabili) che svolgono significative funzioni a scala sub-provinciale (si pensi solo al ruolo svolto dai distaccamenti delle sedi provinciali e da strutture associative che assumono spiccati caratteri di autonomia).
La pianura ha storicamente vissuto l'innesto, in alcune fasi particolarmente felice, tra differenti modelli di organizzazione delle attività economiche. L'agricoltura estensiva "industrializzata" tipica della campagna e dei centri sub-provinciali (le colture risicole della Lomellina, del Vercellese, del Novarese, le colture cerealicole della pianura centro-occidentale, le colture ortofrutticole della zona a ovest di Santhià, la zootecnia della pianura irrigua, ecc.); i sistemi di piccola impresa consolidati tipici di alcuni centri intermedi (il calzaturiero e il meccano-calzaturiero di Vigevano, le lavorazioni orafe di Valenza e Mede, ecc.); le strutture produttive sufficientemente diversificate, con rilevante presenza di grandi imprese e di direzionalità pubblica di secondo livello delle aree che fanno capo ai capoluoghi provinciali, in primo luogo Vercelli e Pavia (quest'ultima però connotata anche da eccellenze nei settori dell'istruzione universitaria e della sanità); insediamenti radi di aree industriali periferiche, a prevalente specializzazione meccanica, nella zona a cavallo tra la provincia di Torino e di Vercelli, rappresentano altrettanti pattern di sviluppo sperimentati nella pianura sia piemontese che lombarda.
L'equilibrio consolidato mostra però da qualche tempo evidenti segni di usura.
Alcuni annunci di difficoltà del mercato risicolo, il conflitto apertosi in sede Comunitaria sulle "quote latte" con le conseguenze prevedibili sull'intero settore zootecnico, la perdita di spinta propulsiva - o in qualche caso la crisi - di alcuni sistemi produttivi locali (nel primo caso si pensi al calzaturiero Vigevanese e nel secondo al settore della maglieria Lomellina entrambi inclusi nelle aree distrettuali previste dalla LR 7/93), la chiusura di alcuni stabilimenti industriali che in alcuni casi, accompagnandosi a un basso grado di integrazione produttiva tra le imprese locali, ha dato vita a veri e propri processi di deindustrializzazione (in alcuni casi riconosciuti - o in via di riconoscimento - sulla base della LN 236/93) in alcuni capoluoghi e centri intermedi (si pensi al caso di Pavia, ma anche a quello di Vercelli), l'insufficiente sviluppo di settori alternativi, soprattutto nell'ambito del terziario produttivo, stanno notevolmente indebolendo il posizionamento competitivo di tali aree nel quadro interregionale.
Questi cambiamenti, oltre ad incidere negativamente sul posizionamento gerarchico dei centri provinciali e sub-provinciali, stanno già producendo sensibili modificazioni nei rapporti territoriali. Il processo di deindustrializzazione, oltre che attraverso forme di compensazione garantite dalla tenuta del terziario tradizionale e dall'acquisizione di reddito garantita dalla proprietà immobiliare e fondiaria, sta "risolvendosi" attraverso una dilatazione dei bacini del mercato del lavoro locali. Ma, se nel caso del Piemonte centro orientale, il sistema di relazioni sembra maggiormente infittirsi a scala "locale" (prevalentemente provinciale o tra i centri capoluogo di provincia), nel caso pavese appare crescente il ricorso al pendolarismo gravitante sul capoluogo lombardo, soprattutto per quelle classi di popolazione caratterizzate da elevati titoli di studio.
Entro questo quadro, il Novarese, insieme ai comuni dell'est Ticino Milanese, si colloca come un'area "cerniera" che gradua il passaggio tra l'ambito metropolitano denso, i sistemi produttivi locali pedemontani, la pianura irrigua.
Grandi imprese manifatturiere, alcune delle quali hanno concluso il loro ciclo di vita, piccole e medie imprese tra loro scarsamente integrate, terziarizzazione debolmente orientata alle imprese, presenza di università, di centri di ricerca, di importanti strutture del credito, disponibilità di un patrimonio di direzionalità pubblica di livello regionale, presenza di un retroterra agricolo ricco, ottimo posizionamento sulla rete infrastrutturale che ha favorito l'interscambio di merci e uomini, struttura insediativa a maglia via via più lasca in relazione alla distanza dall'area metropolitana, ecc. sono tutti caratteri, a tratti ambivalenti, della struttura economico-territoriale locale che riflettono questa collocazione di frontiera.
1.2.5. La montagna e i laghi
La fascia lacuale e, soprattutto, quella montana, appaiono territorialmente rilevanti nel nostro "taglio di carta", anche se meno importanti, quantomeno rispetto agli ambiti descritti preceden-temente, per quanto riguarda la concentrazione demografica, occupazionale e insediativa.
Si tratta di due ambiti molto differenziati sia per caratteristiche geo-morfologiche che per carat-teri economico-sociali (e quindi solo per comodità espositiva verranno trattati congiunta-mente in questa sede).
Le aree montane risultano prevalentemente vocate all'agricoltura, all'allevamento e al turismo, mentre le produzioni rilevanti in ambito industriale sono prevalentemente circoscritte alla produzione di energia elettrica.
Per quanto riguarda le fasce lacuali, se si escludono le urbanizzazioni/conurbazioni lungo le sponde lacuali (Maggiore, Orta, Varese, Como, Lugano), entro le quali spicca Verbania (con circa 30 mila abitanti), il sistema localizzativo risulta contrassegnato da insediamenti radi, con centri di taglia modesta (solo Domodossola supera i 15 mila abitanti). La struttura economico-sociale appare oggi fortemente terziarizzata (evidente la consolidata vocazione turistica), anche se sono ancora presenti - e in qualche caso rilevanti - trame industriali di antico impianto.
L'offerta turistica pur vantando, in entrambi gli ambiti, consolidate tradizioni (soprattutto nelle zone lacuali tale vocazione risale molto indietro nel tempo) si presenta ancora piuttosto arretrata (a prevalente gestione famigliare, ancora non sufficientemente inserita nei più efficienti circuiti organizzati dai tour operator, oppure costituita dal mercato delle seconde case e delle case in affitto). Questo carattere tradizionale, in presenza di forti potenzialità di sviluppo della domanda, rappresenta un fattore di rischio, destinato ad incidere negativamente sul posizionamento competitivo dell'area.
1.2.6. La collina meridionale
Le aree della collina meridionale includono una fascia "pre-appenninica", che comprende capoluoghi provinciali (come Alessandria e Asti) e centri sub- provinciali (come Voghera e Tortona), e una fascia collinare vera e propria.
Si tratta nel primo caso di centri caratterizzati da un rango pressochè analogo a quello delle città capoluogo collocate nella pianura irrigua.
La loro struttura produttiva risulta però abbastanza "frantumata" e quindi estremamente deboli appaiono le interrelazioni produttive tra i diversi comparti. Non spiccano infatti particolari specializzazioni (se non nel caso di Alessandria, che presenta elevati quozienti nel settore della gomma/materie plastiche), mentre è possibile segnalare una presenza di attività nel settore dei trasporti legata al ruolo di nodo ferroviario esercitato da centri come Alessandria e Voghera.
Non sono assenti infine situazioni di crisi industriale, come nel caso della Valle Scrivia, riconosciuta anche in sede Comunitaria attraverso l'inserimento in aree Obiettivo 2.
Soprattutto nel caso di Voghera si manifesta poi un elevato pendolarismo, soprattutto verso l'area metropolitana Milanese, che drena risorse umane qualificate e capacità organizzative-manageriali. Analogamente nel caso di Asti, le relazioni sembrano principalmente rivolte verso l'area Torinese, mentre Alessandria sembra prevalentemente "giocare" in un ambito provinciale/inter-provinciale intermedio.
Nella fascia collinare vera e propria risultano ancora rilevanti le attività legate all'agricoltura, in particolare quelle relative alla produzione viti-vinicola (Oltrepo Pavese e Astigiano). In queste aree, a partire dalla produzione tipica, si sono spesso sviluppate attività che si situano a "valle" e a "monte" della trasformazione agricola (dalla presenza di servizi specifici come scuole, corsi di formazione, studi tecnici di consulenza, ecc., alla commercializzazione, all'agri-turismo, ad attività eno-gastronomiche, ai trasporti e - più in generale - ad attività agro-industriali). In questi contesti territoriali si sono poi soventemente sviluppate strutture sovra-aziendali, come consorzi di vendita per l'acquisizione di servizi e per l'export, cooperative di trasformazione come le cantine sociali, ecc.
Queste aree, che storicamente hanno conosciuto fenomeni consistenti di deflusso demografico e di pendolarismo in uscita, sembrano nella fase più recente sperimentare un processo di stabilizzazione.
Sotto il profilo insediativo, accanto a quello che viene definito come rurale marginale statico, si registra la presenza, soprattutto nell'Astigiano e nell'Alessandrino, di un sistema insediativo di recente espansione, sia in aree collinari che pedecollinari, dovuto sia alla ricerca di condizioni di vita "meno urbane" sia alla diffusione del fenomeno delle seconde case.
1.2.7. La progettualità di area vasta: criteri di classificazione ed...
I progetti riportati nella tavola 2 rappresentano il risultato di una prima individuazione delle varie proposte e progettualità in atto nelle aree che costituiscono "ambito di interesse" per l'inqua-dra-mento territoriale dell'area Novarese. Rendere omogenee le informazioni riguardanti le aree Lombarda e Piemontese ha richiesto uno sforzo semplificativo, talvolta a scapito della preci-sio-ne, che risulta però trascurabile se si considera che l'obiettivo perseguito è di assumere sug-ge-stio-ni relative alle dinamiche insediative in atto. E' stato quindi necessario classificare pro-getti diver-si fra loro per dimensione, stato di attuazione, definizione e, spesso, frutto di approcci diversi.
I progetti di area Piemontese sono estratti da fonti ufficiali e prevalentemente già definiti, quelli di area Lombarda sono classificati secondo una catalogazione, che ne definisce il grado di maturità, così sintetizzabile:
- dati acquisiti (A);
- risultati intermedi (B);
- studi preliminari (C).
La selezione operata tiene conto di tutti i progetti indicati dalla Regione Piemonte, mentre per l'area Lombarda sono indicati, in prevalenza, soltanto quelli al di sopra di 100.000 mq di superficie territoriale, con alcune eccezioni per quelli, anche di dimensioni inferiori, ma strategicamente rilevanti.
In allegato è disponibile l'elenco delle iniziative selezionate.
... elementi di valutazione
Le considerazioni che si possono trarre alla luce del quadro complessivo presentato risultano le seguenti.
Una predilezione verso le aree forti
Tale propensione é rilevabile sia nell'evidente squilibrio tra le progettualità in atto nell'area metropolitana Lombarda e in quella Piemontese sia, scendendo di scala, tra le due aree metropolitane forti ed il resto del rispettivo territorio regionale.
Si può affermare, pur con le cautele dovute ad una arbitraria delimitazione degli ambiti, che nei due capoluoghi di regione e nelle rispettive aree metropolitane, siano concentrate più della metà delle iniziative progettuali rilevanti.
Coerentemente con tale tendenza, anche i comuni capoluoghi o che costituiscono polarità territoriali, mostrano una relativa dinamicità di intervento. Fra questi Novara risulta tra i più attivi, soprattutto in relazione alle opportunità di sviluppo dovute alla riqualificazione del nodo ferroviario ed alle iniziative legate ad esso direttamente (Interporto) ed indirettamente (PRU Sant'Agapio).
L'eccezione Malpensa
Una concentrazione di iniziative, "anomala" per la localizzazione "periferica" interessata, è costituita dall'ambito territoriale della nuova aerostazione della Malpensa. Tali interventi - alcuni direttamente a servizio dell'aeroporto (Cargo City, Centro Servizi, Trade Center, Zona Franca), altri indirettamente influenzati come la zona industriale, il Centro di Interscambio (UNIVA), il Business Park nel territorio di Gallarate; la zona industriale, il Centro direzionale, l'Interscambio Stazione (Hupac), in Busto Arsizio - rappresentano un pacchetto di iniziative di cui soltanto quelle in stretta connessione con l'aeroporto e quelle specificamente destinate al produttivo rappresentano certezze.
Le specializzazioni funzionali: priorità verso il settore produttivo
Una costante rilevabile nei progetti selezionati è costituita dall'attenzione viva per il settore produttivo, considerato come il vero motore delle economie delle aree forti.
In questi termini, esso viene riproposto puntando a una maggiore qualificazione in termini di servizi sia alle imprese che ai territori interessati, oltre che di maggior integrazione con gli altri settori e i sistemi di mobilità.
Il PTR del Piemonte indica, in aggiunta alle aree industriali attrezzate (AIA), ben cinque Poli Integrati di Sviluppo soltanto nell'ambito metropolitano Torinese.
In questa logica si inseriscono anche i programmi di ristrutturazione, potenziamento e in qualche caso di decentramento dei poli universitari dei capoluoghi (creazione di nuovi sedi sia della Statale che del Politecnico a Milano, espansione della Statale e nuova sede del Politecnico a Torino) e di rafforzamento - e persino di creazione - di sedi universitarie sia statali che private nei poli di rango minore, con la promozione di curricula formativi ritenuti più rispondenti ai bisogni delle economie locali.
A Novara, unitamente ad Alessandria e Vercelli, è riconosciuto i ruolo di "secondo" polo universitario regionale. Nuove sedi decentrate - o sedi che hanno acquisito recentemente l'autonomia - sono state realizzate nei capoluoghi di provincia della Lombardia (Varese, Como, Lecco) ed, eccezionalmente, in località rappresentative di bacini a forte specializzazione produttiva (Ivrea e Castellanza, quest'ultima realizzata su iniziativa privata).
Discorso a parte merita Pavia, antico centro universitario a carattere residenziale di medie dimensioni e a forte articolazione dell'offerta formativa (con recente predilezione verso la formazione post-universitaria).
Per quanto riguarda invece "l'urbano residenziale", si riscontra una maggior propensione verso progetti che per dimensione e caratteristiche rispondono a problemi di rilevanza più locale che generale.
Tuttavia, la maggior parte dei progetti polifunzionali segnalati nell'ambito metropolitano Milanese comprende sempre una quota rilevante di residenza. In Torino invece si rileva una maggior propensione e vivacità per le iniziative residenziali specifiche. Fra i più rilevanti progetti realizzati ed in corso di realizzazione, peraltro tutti ricadenti su aree dismesse, si ricordano: l'intervento Gardino, Comau, Framtek, Ceat, Incet, Venchi Unica.
Un cenno specifico in questo settore meritano i Progetti di Riqualificazione Urbana (PRU), che stanno vivendo vicende alterne ed alla data odierna (dicembre 1998) rischiano un consistente definanziamento. Attualmente interessano l'area di studio quattro PRU singoli (Alessandria, Collegno, Novara, Settimo Torinese) e due plurimi: Torino e Milano con rispettivamente 13 e 7 interventi ciascuno. Tuttavia, come già accennato, alla firma degli accordi di programma non sono ancora giunti il PRU di Settimo Torinese, un intervento di Milano e ben 12 su 13 degli interventi Torinesi, fra cui i tre maxinterventi sulla Spina Urbana.
Non sono evidenziati in cartografia, in ragione del loro rilievo locale, gli interventi che interessano la sfera del turismo e del tempo libero. La presenza di contesti ambientali attrezzati di elevata qualità, evidenziati nella tavola con appositi segni grafici, costituiscono ad un tempo "offerta" e segnale di "attenzione" per calibrare le iniziative, soprattutto le lottizzazioni residenziali promosse come "esclusive" accompagnate dalla realizzazione di campi da golf, maneggi , ecc.
1.3. Le reti infrastrutturali
1.3.1. Novara, un crocevia europeo
La collocazione geografica di Novara, al di là delle definizioni più o meno suggestive della "Blue Banana" o del "Sun Belt", è tale da suggerire inevitabilmente una prospettiva di organizzazione territoriale e di sviluppo incentrati sull’intersezione tra una dorsale europea di sviluppo nord-sud ed una di sviluppo est-ovest.
Entrambe, caratterizzate dalla presenza di una sequenza di territori ad elevato tasso di sviluppo, sono rinforzate significativamente dalle infrastrutture per la mobilità esistenti e, ancor più, in previsione o in corso di realizzazione.
Sulla direttrice nord-sud è determinante il rafforzamento del corridoio ferroviario europeo Rotterdam-Genova con il potenziamento delle trasversali alpine del progetto Alp-Transit sia attraverso il Gottardo che il Lötschberg-Sempione, percorrendo rispettivamente la linea Bellinzona-Luino-Novara e la linea Domodossola-Novara.
Sulla direttrice est-ovest l’elemento decisivo sarà quello del collegamento meridionale dell’Europa occidentale con l’est europeo, proveniente da Barcellona e Lione e diretto oltre Trieste verso Kiev.
Al consolidamento di un ruolo importante della provincia di Novara nello scenario della mobilità europea concorre inoltre l’aeroporto di Malpensa 2000 con una previsione a regime di traffico passeggeri che lo colloca al quinto posto nel continente e con il progetto "cargo city" per quanto riguarda il traffico merci.
Infine, a sottolineare completamente il ruolo del novarese nello scenario europeo, occorre considerare la realizzazione di una intersezione autostradale tra la direttrice est-ovest (A4) e la direttrice nord-sud che si verrà a formare con il collegamento di Novara a Malpensa (da Boffalora) e di Malpensa con il tunnel del Gottardo (A8 fino a Varese + raccordo Varese-Mendrisio + autostrada del Gottardo).
Ultimo, non certo per importanza, componente decisivo dello scenario è il C.I.M., per il quale il sistema della mobilità descritta sopra fornisce le condizioni generali per lo sfruttamento pieno delle potenzialità.
1.3.2. Il sistema ferroviario
Il sistema ferroviario novarese è in trasformazione per la contemporanea presenza di tre grandi progetti: la nuova linea ad alta capacità Torino-Milano-Trieste, il progetto Alp-Transit sulle direttrici del Gottardo e del Lötschberg-Sempione in direzione Genova, lo sviluppo del Centro Interportuale Merci.
Si rafforza con tale scenario il ruolo di Novara come crocevia di due fondamentali direttrici europee rispettivamente in direzione nord-sud (Rotterdam-Genova) e in direzione est-ovest (Barcellona-Lione-Kiev).
Nel punto di intersezione tra queste linee, il Novarese viene a disporre di una struttura di servizio logistico fondamentale qual è un centro intermodale.
A tutto ciò si aggiunge la presenza di Malpensa 2000 che costituisce una ulteriore grande opportunità per il sistema.
La configurazione del sistema ferroviario interessante Novara è indiscutibilmente fonte di occasioni di sviluppo sia direttamente connesse con la gamma di servizi che può crescere con e intorno ad esso, sia per la possibilità di indurre scelte localizzative, soprattutto di attività produttive, in ragione dell’attrattività esercitata dalla logistica dell’area.
Se tale opportunità è, per qualità e dimensione, probabilmente straordinaria per lo svi-luppo economico di Novara e del Novarese, non bisogna sottovalutare l’impatto am-bientale che può contemporaneamente venire a determinarsi. E’ compito della piani-fica-zione territoriale fornire gli strumenti per raggiungere un indispensabile equilibrio e compatibilità tra la necessità di cogliere le opportunità di sviluppo e il dovere di misurare e garantire la sostenibilità ambientale.
Se lo scenario di evoluzione del sistema ferroviario è un’opportunità irripetibile, occorre che si pervenga a risolvere alcuni problemi ancora aperti e a definire alcune scelte ancora sospese.
Per quanto riguarda il progetto della cosiddetta Alta Capacità, oltre alla ovvia conside-razione sul fatto di non procrastinare ulteriormente l’avvio dei lavori, è necessario anzitutto superare il problema sollevato dal pronunciamento della Commissione inter-ministeriale sulla tratta Torino-Milano che potrebbe vedere la realizzazione della nuova linea solo nelle tratte Torino-Santhià e Novara Est-Milano, ricorrendo alla linea storica per il segmento intermedio Santhià-Novara.
Tutto ciò ha valore per il movimento passeggeri, ma non per le merci.
E’ chiaro che ciò rappresenta una soluzione di ripiego, mentre una soluzione piena dovrebbe comunque contare su una linea completamente nuova, soprattutto consi-de-rando la quota parziale di convogli destinati a fare fermata a Novara rispetto ai colle-gamenti diretti Torino-Milano.
Ciò acquista ancor maggiore significato se si considera come, in funzione dei piani di sviluppo del C.I.M., a seguito della funzione di "corridoio europeo" delle linee Sem-pione-Domodossola-Novara-Genova e Gottardo-Luino-Novara-Genova, e con la realiz-zazione di un collegamento con Malpensa 2000 attraverso le F.N.M., non si possa non farsi carico della ristrutturazione complessiva del nodo di Novara e delle attuali strutture di stazione.
In sostanza su Novara si troverebbero a convergere:
1. la linea ad alta capacità Torino-Milano;
2. la linea FNM ristrutturata in funzione del collegamento con Malpensa;
3. la linea potenziata del corridoio Huckepack proveniente dal Sempione (via Domodossola Borgomanero e via Domodossola Arona) e da Genova;
4. la linea potenziata del progetto Alp Transit via Gottardo con il collegamento via Luino;
5. la linea storica Torino-Milano-Venezia;
6. le linee locali da Biella e dalla Valsesia.
Si pone dunque con evidenza la necessità di riconsiderare complessivamente i sistemi di stazione (passeggeri) e di organizzazione delle aree merci (Boschetto-terminal Huckepack e C.I.M.).
Di altrettanta evidenza è il risultato acquisibile con la riorganizzazione delle stazioni non solo in termini di funzionalità, ma anche per quanto concerne la riqualificazione dell’area urbana e in particolare per le opportunità offerte dal riuso delle aree ferroviarie.
Il sistema della mobilità su ferro e l’intermodalità non rappresentano un’opportunità solo per Novara ed i Comuni circostanti. Si può ritenere che il beneficio complessivo del-l’accessibilità possa ricadere sull’intera provincia e, in particolare, sulle aree per le quali la contemporanea presenza di reti ferroviarie locali unitamente ai collegamenti autostra-dali può configurare un quadro complessivo estremamente attrattivo: area di Romagnano Sesia-Ghemme, area di Fontaneto-Borgomanero, area di Arona-Castelletto Ticino.
Le linee ferroviarie regionali possono essere considerate come opportunità per la di-stribuzione più diffusa delle merci, soprattutto a mezzo container, unitamente ad un ruolo di metro regionale per la pendolarità sul capoluogo e, da esso, verso le aree metropolitane.
1.3.3. Il sistema viario
La provincia di Novara può far conto su di un sistema autostradale che assume la configurazione di un quadrilatero incompleto sul versante orientale.
La A4 percorre la provincia in direzione est-ovest, un tratto della A26 collega gli insediamenti lungo il confine occidentale, mentre un secondo tratto della stessa A26 attraversa il territorio provinciale a sud dell’area urbana diffusa del Borgomanerese.
In direzione est entrambe le autostrade superano i confini provinciali dirigendo su Milano.
Ciò determina una maggiore difficoltà di collegamenti nell’area dell’ovest Ticino lungo le strade statali; questa situazione si acuisce in senso negativo se si considera la presenza di Malpensa 2000.
A tale situazione si è fatto fronte con la proposta di realizzare un collegamento di tipo autostradale che colleghi da sud la A4 con Malpensa 2000, partendo da Boffalora e risalendo in direzione di Lonate Pozzolo.
Malpensa 2000 è collegata in direzione nord-est con la A8 e Varese.
Poiché da parte elvetica si prefigura la costruzione di una bretella autostradale da Varese a Mendrisio, a raccordarsi con l’autostrada del Gottardo, risulta evidente come si venga a determinare nuovamente una intersezione di direttrici nord-sud ed est-ovest di interasse europeo anche in campo autostradale. A ciò si aggiunga l’opportunità già oggi presente di collegamento autostradale con il traforo del Monte Bianco.
Ciò, ferma restando la convinzione di privilegiare per il futuro un riequilibrio tra i sistemi di trasporto a favore della ferrovia, non può fare sottovalutare il concatenarsi nell’area Novarese di collegamenti internazionali su strada, su ferrovia e su aereo.
I collegamenti stradali con Malpensa devono essere considerati anche in modo più diretto attraverso le strade statali, in particolare prevedendo il miglioramento funzionale dei due attraversamenti sul Ticino rispettivamente ad est di Galliate (S.S. 341) e ad est di Oleggio (S.S. 32 + 527).
Per quanto riguarda la rete delle strade di importanza regionale il sistema provinciale si basa essenzialmente su tre direttrici nord-sud che innervano il territorio provinciale in direzione della Valsesia, del lago d’Orta e del lago Maggiore.
Per queste strade si ritiene corretta la classificazione di "extraurbane secondarie" attribuita dal Piano del Traffico per la viabilità extraurbana della Provincia di Novara.
A tale classe sono da ascrivere anche la direttrice pedemontana Romagnano S.-Arona che con la prosecuzione verso ovest mette in relazione le aree di sviluppo produttivo della fascia alta della provincia di Novara con il Biellese e con la prosecuzione verso est si raccorda al sistema industriale della bassa provincia di Varese.
A completare la rete statale extraurbana secondaria in direzione del territorio a dominante agricola della bassa novarese e delle aree padane circostanti, si individuano i collegamenti per S. Pietro Mosezzo-Biandrate, Vercelli, Mortara, Trecate e, già consi-derato, Galliate.
Su tutte le strade extraurbane sopra elencate occorre porre attenzione ad interventi relativi alla sicurezza, alla fluidità del traffico, al disincentivo degli attraversamenti urbani.
Nella riqualificazione del sistema, che resta indispensabile per le relazioni locali con il territorio dei sistemi gerarchicamente superiori, assumono particolare importanza:
1. il completamento della tangenziale di Novara per il collegamento diretto delle diret-trici extraurbane che si diramano dal capoluogo, evitando percorsi nell’area urbana;
2. il completamento della tangenziale di Borgomanero, dove si evidenzia la necessità di un collegamento adeguato con le aree industriali a nord di Borgomanero;
3. la realizzazione del passante esterno di Romagnano Sesia e Prato Sesia;
4. il completamento della tangenziale di Galliate con l’unificazione dei caselli di Novara e Galliate sulla A4, il collegamento con la tangenziale di Novara ed il collegamento con il C.I.M.
Più dettagliatamente, andranno osservate le numerose varianti locali previste sulle strade statali e provinciali, per individuare le soglie di problematicità, le comparazioni tra costi e benefici e le priorità.
1.3.4. Malpensa 2000
La presenza della nuova struttura aeroportuale di Malpensa 2000, realizza, a ridosso del territorio novarese, un punto di accesso strategico al sistema dei trasporti intercon-tinentali.
Molte analisi e in particolare il Piano d’area di Malpensa, indicano la grande opportunità che lo scalo viene a determinare soprattutto per quanto riguarda:
1. l’accesso diretto per le attività locali al sistema di trasporto aereo;
2. gli effetti attrattivi nei confronti della tendenza insediativa delle attività produttive, soprattutto di quelle ad alto valore che possono prevedere il ricorso al trasporto aereo di merci o di persone;
3. le ricadute per alcune strutture turistiche di nicchia, in particolare nel settore dei meeting, del turismo d’affari, del turismo tematico.
Le prime due opportunità possono avere ricadute interessanti per tutto il territorio provinciale, ma, più in particolare, per aree attrezzate, adeguatamente collegate a Malpensa, in condizioni di dotazione di servizi e di qualità ambientale interessante e non troppo a ridosso dell’area aeroportuale. Da questi punti di vista sembrano privilegiati la parte centro-settentrionale della provincia e il capoluogo con il suo hinterland.
1.3.5. Il Centro Interportuale Merci
Il C.I.M. ha ripreso slancio attraverso i programmi di investimento dei prossimi anni.
La sua collocazione strategica è fuori discussione.
E’ già in corso di esecuzione il prolungamento dei binari dell’interporto per ospitare convogli della lunghezza di 700 metri.
Occorre avere attenzione nel realizzare interventi che ne valorizzino completamente ruolo e potenzialità, in particolare per i collegamenti diretti con la linea ferroviaria ad alta capacità, con il corridoio Huckepack del Sempione e la bretella ferroviaria verso il Gottardo via Luino, con la rete autostradale e con Malpensa
Altrettanto significativo è il programma di sviluppo delle attività di immagazzinaggio e dei servizi connessi con la logistica generale.
E’ evidente che lo sviluppo di tali attività, oltre a rappresentare un aspetto qualificante per lo standard del servizio offerto, costituisce il valore aggiunto più elevato che può essere realizzato con l’interporto, con importanti ricadute locali nella formazione di reddito e nello sviluppo di occupazione.
Tutto ciò richiede investimenti molto rilevanti, che potranno essere realizzati con gradualità.
Si ritiene opportuno da questo punto di vista analizzare e valutare anche un’eventuale funzionalità complementare delle strutture di Domo 2 collocata anch’essa lungo la linea del Sempione, dotata di strutture di servizio importanti; Domo 2 ha comportato un investimento di 700 miliardi, ma è nato ormai superato nella funzione originariamente prevista e necessita di essere riconvertito.
1.3.6. Gli elementi costitutivi del quadro infrastrutturale
Nella Tavola 3 sono illustrati gli elementi della situazione attuale e di progetto che rappresentano la grande maglia infrastrutturale regionale e interregionale. Essi sono anche qui di seguito elencati.
Viabilità
- Tracciati con progetto definito o in corso di definizione
- Tangenziale nord Vercelli
- Tangenziale sud Novara
- Variante SS341, nuovo casello A4 e ponte di Galliate/Turbigo
- Variante di Oleggio SS32 e ponte sul Ticino
- Completamento Rho-Monza
- Pedemontana est Lombardia
- Gronda Intermedia
- Collegamento Magenta-Malpensa
- Cossato-Gattinara-Casello Romagnano/Ghemme A26
- Variante di Romagnano SS229/142
- Variante Borgomanero
Progetti da definire
- Potenziamento ponte sul Sesia e nuovo casello di Carpignano A26
- Tratti Pedemontana Mongrando-Ivrea-Rivarolo Coungnè, Ciriè e Lanzo T.
- Variante Gozzano S: Maurizio SS142/229
- Riqualificazione SS11 Vercelli -Novara
- Collegamento sud Biella - A4
- Pedemontana ovest Piemonte
- Riqualificazione SS341 Novara Malpensa
- Riqualificazione Cerca
Reti Ferroviarie
- Tracciati con progetto definito o in corso di definizione
- Riqualificazione linea Domodossola Novara
- Collegamento Saronno-Malpensa
- AV/AC Milano Venezia
- AV/AC Milano-Torino, connessione Santhià
Progetti da definire
- Piano Regolatore Stazione ferroviaria Novara
- AV/AC Gottardo, alternative Como e Varese
- AV/AC Milano Genova
- Potenziamento del corridoio (Voltri) Alessandria Novara Domodossola Sempione e prosecuzione Luino Gottardo
- Riqualificazione linea Domodossola Gallarate
- Gronda Nord (Bergamo-Carnate-Seregno-Saronno)
- Riqualificazione FNM Novara Malpensa con connessione FS
- Riqualificazione Novara Varallo
- Riqualificazione Vignale-Arona-Gallarate, Arona-Premosello, Oleggio-Sesto Calende
- Riqualificazione Vercelli-Casale-Alessandria
Centri Merci
- Terminal Intermodali e Interporti esistenti
- Busto Due e espansione su Gallarate
- Gallarate
- Luino
- Oleggio
- Rho
- Vittuone/Arluno
- Desio
- Melzo
- Segrate
- Milano Smistamento con funzione Gateway
- Milano Greco Pirelli
- Novara Boschetto
- Novara CIM
- Torino Orbassano
- Rivalta Scrivia
Terminal Intermodali e Interporti in progetto
- Bertonico e Voghera come interporti di rilevanza nazionale
- Milano 1° Corona Sud (da localizzare)
- Milano 1° Corona Nord (Desio")
- Cargo City Malpensa
Poli logistici integrati esistenti
- Alessandria
- Biella
- Cuneo-Levaldigi
- Domodossola
- Ivrea
- Pinerolo
- Torino Nord
- Vercelli
Poli logistici integrati in progetto
- Mortara, Como-Montano Lucino, Lecco
- Santhià (autostrada viaggiante)
1.4. Struttura fisica, grandi unità di paesaggio e di riconoscibilità del territorio
Il territorio piemontese e quello lombardo sono rappresentabili, a grande scala, entro una struttura di paesaggio fisicamente ben definita, comprendente al centro il sistema planiziale padano, delimitato a nord dai sistemi paesistici alpino e prealpino meridionale, con i rilievi montuosi della catena alpina che si chiudono ad occidente circondando il Piemonte ad emiciclo; a sud la delimitazione della grande piana alluvionale è rappresentata dal sistema appenninico settentrionale, che dalle Alpi prosegue sino all’Adriatico, cui si accosta nel Piemonte sudoccidentale la grande propaggine del sistema collinare monferrino langhiano.
L’elemento unificante per eccellenza questo vasto territorio è senza dubbio costituito dalla grande piana alluvionale del fiume Po e dei suoi affluenti, la cui struttura fisica è, con poche eccezioni, unitaria nelle due regioni: si tratta dell’alta pianura centro occidentale, intendendo qui quella parte della pianura padana che dalle prealpi e dalle colline del Piemonte si distende senza discontinuità di rilievo e con sostanziale omogeneità di paesaggio sino al Garda, ove si abbassa e cambia fisionomia con l’approssimarsi dell’estuario del fiume Po.
Un’ideale linea di confine settentrionale della pianura, può essere rappresentato dalla fascia delle risorgive e dei fontanili, elementi fisici questi, oltrechè preziosi beni ambientali caratterizzanti il paesaggio planiziale padano a nord del Po, rinvenibili dal Piemonte, ove sono già consistenti in corrispondenza di Santhià, ai piedi della conca morenica dell’eporediese, sino all’Isonzo, attraverso tutta la Lombardia il Veneto; nel novarese e vercellese tale fascia, normalmente della larghezza di una quindicina di chilometri, si allarga sino a raggiungere l’ampiezza di circa 60 chilometri, estesa dalle pianure alte dell’Agogna e del Sesia e dalle coste della profonda valle del Ticino sino quasi a lambire il Po.
Ma l’elemento di riconoscibilità del territorio novarese all’interno del complesso sistema paesistico padano è certamente rappresentato dalla monocoltura irrigua del riso, presente in modo talmente massiccio da condizionare fortemente sia il sistema produttivo che quello insediativo, esteso ad ovest a partire dalla Dora, ad est sino al Ticino ed oltre, a sud sino al Po ed alla piana casalese, e delimitato a nord dalle grandi infrastrutture irrigue, in primo luogo dai canali Cavour, Regina Elena e Diramatore Alto Novarese, e dalla fascia dei fontanili, che con le rogge duecentesche e quattrocentesche rappresentano storicamente le prime opere di sistema-zione infrastrutturale finalizzate allo sfruttamento ed allo sviluppo agricolo della piana irrigua.
Il margine fisico di questo vasto terrazzamento alluviale e diluviale a disposizione prevalentemente ghiaiosa e limosa che costituisce la pianura padana è inoltre definito, in Piemonte come in Lombardia, dai grandi anfiteatri morenici e bacini lacustri e dalle lingue diluviali più antiche, formanti estesi territori denominati brughiere nel milanese e novarese, baragge nel novarese e vercellese, vaude più ad occidente.
Paesaggi condizionati da questo tipo di conformazione geomorfologica sono quindi presenti da ovest di Torino sino al lago di Garda, ma senza soluzione di continuità, anche se in Lombardia come nel Veneto è presente una fascia Prealpina consistente, spesso contornata a sud una corona di dossi collinari di differente costituzione.
Gli anfiteatri morenici, costituitisi nel quaternario a seguito dell’uscita verso la pianura dei ghiacciai, occupavano le attuali grandi valli fluviali, in particolare quelle della Dora Riparia, quelle della Dora Baltea, quelle dei grandi laghi prealpini, Orta, Maggiore, Varese, Como, sino a quelle del lago d’Iseo e del Lago di Garda.
Le lingue diluviali più antiche sono invece costituite da alluvioni fluvioglaciali e ghiaiose e ciottolose, spesso ferrettizzate, formanti dorsali ed alti terrazzi; questi a volte si innestano direttamente a partire dal rilievo alpino e prealpino, come nel caso delle baragge vercellesi e della dorsale del Sesia novarese, che si innesta sulle pendici del monte Fenera, in altri casi rappresentano la prosecuzione degli anfiteatri morenici, come succede nel novarese per il terrazzo di Cavagliano, innestato sulla fascia morenica del Verbano.
Entrambe queste formazioni geomorfologiche, che solo per semplicità possono essere definire fasce collinari, danno origine a paesaggi certamente fra loro differenziati, ma unitari a vasta sca-la, fortemente connotanti il territorio, costituendone un elemento di riconoscibilità e di elevato valore ambientale in quanto aree entro le quali l’intervento antropico è ridotto causa le limita-zioni imposte dall’orografia naturale, spesso coperte da boschi di latifoglie o misti, e da lembi di brughiera con coltivi abbandonati, adatte ad essere utilizzate per la costituzione di efficienti reti ecologiche, corridoi di connessione fra il sistema paesistico alpino/prealpino e la pianura.
L’altro grande sistema collinare che interessa e definisce i margini della pianura padana è quello subappenninico, presente dal Piemonte lungo l’intera penisola; in Piemonte tale sistema, a ridosso del sistema dell’appennino ligure, è integrato da quello collinare delle Langhe e del Monferrato, che si spingono a ridosso di Torino, delimitato a sud del corso del Po; esso non presenta relazionalità paesistiche con il territorio novarese e lombardo.
Abbiamo già detto che per quanto riguarda il Piemonte è solo in parte possibile parlare di prealpi, come avviene per il territorio lombardo, ricomprendendo in tale sistema paesistico alcune valli principali e laterali del corso del fiume Sesia e del Ticino-Verbano; in tal senso il sistema alpino, nella provincia di Novara, è rappresentato esclusivamente dai versanti, ma non dalle cime, dei due rilievi montuosi del Mottarone e del m.te Fenera, che, unitamente ai due laghi, sono inquadrabili entro il sistema paesaggistico prealpino meridionale, quello dei rilievi interni delle valli principali.
Il Monte Fenera, il cui territorio in gran parte coperto da boschi misti di latifoglie e da castagneti è oggi sottoposto a tutela, si erge pressoché isolato all’imbocco della Valsesia e le sue pendici si prolungano sino ad incontrare a sud il terrazzo fluvioglaciale di Romagnano-Briona, e ad est il bacino del lago d’Orta, idrograficamente separato da questo dal bacino dell’Agogna e dal suo affluente, il Sizzone, che circoscrive da est e in parte a nord il Fenera; dalla formazione geologica complessa, contro la sua massa di porfidi rosso bruni risaltano le bianche pareti delle rocce calcaree dolomitiche che, unitamente a depositi di arenarie, hanno dato luogo alla formazione di grotte, caverne ed altri fenomeni carsici.
Anche il Mottarone appare isolato dal sistema alpino cui appartiene, delimitato dal lago Maggiore ad est e a nord, dalla piana del Toce e dallo Strona a nord, dal lago d’Orta ad ovest, e digradante a sud ove prosegue incontrandosi con le coste ed i terrazzi dell’anfiteatro morenico della valle del Ticino e con il terrazzo fluvioglaciale che termina oltre Cavagliano per riaffiorare a sud di Novara.
Dal Mottarone si origina il torrente Agogna, che in parte col concorso del Terdoppio, separa idrograficamente i bacini dei fiumi Sesia e Ticino.
Fisicamente legati al sistema degli anfiteatri morenici sono i grandi bacini lacustri prealpini, che si estendono tra il lago d’Orta ed il lago di Garda. Essi, pur facendo parte a vasta scala del sistema prealpino meridionale costituiscono un sistema paesistico del tutto particolare, fortemente caratterizzato dall’intervento antropico che ha mutato le condizioni originarie specie in prossimità delle rive.
La progressiva urbanizzazione delle riviere e dei pianalti a ridosso dei due laghi, storicamente avviatasi nel XVII secolo, legata all’industria del turismo e tuttora in fase di crescita, anche con l’introduzione di specie vegetali esotiche e mediterranee in seguito naturalizzatesi, ha condizionato in modo sostanziale il paesaggio circostante, rendendolo non solo percettivamente differente dal più generale sistema paesistico prealpino diffuso in Piemonte e Lombardia.
1.4.1. La storia ed i sistemi insediativi in relazione alla struttura fisica e alle grandi direttrici storiche
Novara ed il suo territorio storicamente hanno rappresentato una larga linea di confine fra Lombardia e Piemonte, territorio di conquista sufficientemente accorpato ed unitario, variamente conteso a partire dalla romanizzazione e dalle successive invasioni, soggetto a divisioni feudali in età comunale, all’autorità milanese durante tutto il medioevo e sino al cinquecento, con i territori del Verbano appartenenti alla famiglia dei Borromeo e tradizionalmente legati ai milanesi, e con Novara ultima fra le grandi città del Piemonte a partecipare al processo di formazione dello Stato Sabaudo.
E significativo sottolineare che dal 1427, con il passaggio di Vercelli ai Savoia, il novarese era divenuto territorio di confine fra le due potenze contrapposte con i loro alleati, stretto fra Ticino e Sesia, con la linea di confine inizialmente attestata su quest’ultimo, in epoca più tarda sul Ticino.
Novara a partire dalla fine del XV secolo venne più volte occupata dai Franchi e dai Milanesi sino al 1515 quando, dopo la battaglia di Melegnano, i francesi entrarono vittoriosi in Novara e vi rimasero sinché ad essi subentrarono gli spagnoli che, dopo la vittoria di Pavia nel 1527, occuparono il Ducato di Milano annettendoselo con i suoi possedimenti novaresi alla morte di Francesco II Sforza, nel 1535. La città di Novara divenne allora (1538) marchesato infeudato a Pier Luigi Farnese duca di Parma, fino al 1602, quando venne riscattata a spese dei cittadini e direttamente controllata dagli spagnoli.
Dopo la pace di Rastad sottoscritta nel 1714 Novara passò agli Asburgo d'Austria, mettendo così termine al lungo periodo di dominazione spagnola, che lasciò scarse tracce nell’organizzazione del territorio novarese.
La dominazione degli Asburgo durerà fino al 1734, quando Novara ed il novarese vennero occupati da Carlo Emanuele III di Savoia, che li ottenne ufficialmente nel 1738 con la Pace di Vienna; con la pace di Aquisgrana del 1748 ottenne anche l’alto novarese, limitando il dominio austriaco oltre il Ticino, al Lombardo-Veneto.
Sotto il dominio napoleonico dal 1800, Novara é inserita nella Repubblica Cisalpina (poi Regno d'Italia), capitale del dipartimento dell'Agogna, sino al 1814 quando, con la sconfitta di Napoleone, venne sciolto il Dipartimento dell’Agogna e Novara torna definitivamente nel Regno di Sardegna seguendone le sorti sino ad oggi.
Cerniera quindi, il novarese, fra due territori, quello lombardo e quello piemontese, culturalmente diversi ma fra loro legati da importanti vie di scambio, prima fra tutte il collegamento fra i due capoluoghi, Milano e Torino; ma anche posizionato lungo una importante connessione nord-sud, tra il nord Europa, attraverso i passi alpini, Sempione anzitutto, ed il porto di Genova; entrambe tali direttrici storiche principali hanno condizionato, e tuttora condizionano lo sviluppo dei centri urbani e la loro emergenza ed influenza territoriale.
1.4.2. La rete stradale storica
In Piemonte la rete viaria storica venne impostata dai romani a partire dal I° sec d.C., dopo la definitiva romanizzazione della pianura ed il controllo dei principali valichi alpini; secondo le più attendibili ricostruzioni era basata su alcune grandi direttrici internazionali, convergenti su Torino:
- la via che da Torino conduceva attraverso la val Susa verso i passi del Monginevro e del Moncenisio;
- la via che da Torino conduceva a sud, a Cuneo e da qui verso Ventimiglia e Nizza attraverso il colle di Tenda e verso Francia attraverso il colle della Maddalena;
- la via che da Torino conduceva verso Pavia attraverso Lomello;
- la via che da Torino conduceva verso Asti, Piacenza e Tortona, ove incrociava la via per Genova;
- la via che da Torino, attraverso Alba, ad Acqui Terme incrociava la via per Savona;
- la strada romana che da Milano, attraverso Novara, Vercelli, Ivrea, Aosta conduceva oltralpe attraverso il Piccolo e Gran San Bernardo, con ramificazione verso Torino e la Valsusa;
- la via che da Genova, passando per Tortona, Lomello, Novara, il versante orientale del Cusio conduceva ai passi alpini dell’alto novarese, oggi V.C.O., del Sempione, d’Arbola, di S.Giacomo di Gries (val d’Ossola), al p.sso del Turlo (Valsesia), al p.sso M.te Moro (valle del Rodano), alla valle Vigezzo e a Locarno; questo percorso, identificabile con la romana via Settimia, entrò in funzione almeno a partire dal 196 d.C., anche se dovette già esistere prima di tale data;
- la via che da Novara conduceva oltre il Ticino a Como, per proseguire verso gli altri importanti valichi alpini.
Una relativamente maggiore importanza rispetto ad oggi sembrava dovesse avere in epoca altomedievale il collegamento pedemontano da Aosta - Ivrea verso Milano e verso Como, attraverso Romagnano Sesia e Pombia.In epoca medievale alcune di queste vie di comunicazione presero il nome di vie ‘francische’; esse vennero sostanzialmente confermate nel più antico tracciato, ed andarono a rafforzare i collegamenti fra i centri più importanti e da questi verso i valichi alpini ed il mare, confermando in gran parte lo sviluppo dei principali centri abitati sorti in epoca romana in posizione strategica lungo le principali vie di comunicazione, sfruttando siti naturalmente difendibili, in parte già precedentemente abitati. Di origine romana sono le città di Torino, Vercelli, Ivrea, Asti, Alba, Susa, Tortona, Acqui Terme, oltre a numerosi altri centri minori collocati lungo i tracciati principali e secondari.
Maggiore peso assunsero nel corso del medioevo ed oltre i collegamenti est ovest, quello fra le due città principali, Torino e Milano, attraverso Chivasso, Vercelli e Novara, e quello da Torino verso Piacenza, attraverso Asti ed Alessandria. I collegamenti nord sud, Genova Sempione e Aosta Cuneo attraverso Ivrea, Torino e Saluzzo.
Con l’apertura della strada del Sempione nel 1805, il collegamento nord-sud attraverso Novara ed il Verbano venne definitivamente potenziato, e sempre nell’ottocento vennero aperti nuovi ponti sul Ticino a Trecate (1828) e ad Oleggio (1889) di connessione con Milano e l’alto milanese ed il varesotto; vennero inoltre realizzate (1854-59) importanti opere ferroviarie, consistenti nel raccordo tra Milano e Torino attraverso Novara, la linea per Arona, quella per Mortara Genova; ancora nel 1887 venne realizzata la ferrovia Nord, nel 1883-86 la Novara Varallo Sesia.
Per quanto relativo alle relazioni fra centri urbani e reti viarie storiche le indagini condotte sui beni culturali architettonici e soprattutto urbanistici mostrano come in Piemonte lo sviluppo dei centri urbani a partire dal medioevo si sia incentrato proprio su queste grandi direttrici, con poche eccezioni giustificate da motivi contingenti spesso legati all’esercizio di uno specifico dominio territoriale.
Fenomeno importante e diffuso per una lettura storico-culturale dell’organizzazione degli insediamenti urbani è rappresentato dalla fondazione dei borghi rurali di origine medievale, sia quelli fortificati, i borghi franchi e le villae novae, aventi funzioni di carattere economico e commerciale oltre che difensiva, variamente presenti nel territorio piemontese e lombardo, sia quelli spontaneamente formatisi.
Se l’importanza dei primi, villae novae e borghi franchi, va ricercata soprattutto nella pianificazione ordinata del centro urbano e nella loro collocazione strategica per il controllo del territorio, a protezione di vie commerciali di vario livello, i secondi nascono senza una predefinita struttura urbanistica, in quel modo più o meno spontaneo e a volte disordinato dei borghi di origine medievale; questi ultimi, che rappresentano la maggioranza dei centri urbani minori diffusi nel Piemonte orientale, sorgevano a volte direttamente ubicati in posizioni strategiche, seguendo la morfologia del territorio, o, caso più frequente nel novarese e nella aree di pianura e collina, crescevano e si sviluppavano in adiacenza ai luoghi fortificati, veri e propri castelli, linearmente lungo i principali assi di comunicazione, o esternamente a questi, stringendosi anularmente intorno alla fortezza ed ai corsi d’acqua di protezione.
Tra i principali borghi franchi sorti nel novarese importanza particolare assume Borgomanero, fondato nel 1194, a forma urbana rettangolare, Borgolavezzaro (1254 circa) a pianta quadrata, circondato da mura e fossato; Cerano (1198); Ghemme, Sizzano, Galliate, a forma urbana rettangolare e in zona ma fuori provincia Gattinara, Serravalle Sesia e Borgosesia.
Un altro contributo alla configurazione del rapporto storico fra sistemi insediativi e vie di comunicazione viene dalla lettura della carta della aree ambientali antropizzate realizzata dal Vigliano negli anni ottanta; essa mostra come i centri abitati dotati di vie o piazze porticate, presenti singolarmente o in sistemi complessi, comunque elementi questi caratterizzante i centri storici del Piemonte, tipico ed in uso a partire dal medioevo sino a tutto il XIX secolo, si svolga sui seguenti assi di comunicazione, condizionata dalla conformazione morfologica del territorio delineata in precedenza:
- da Torino attraverso Chivasso e Trino, con biforcazione verso Casale Valenza e verso Vercelli Novara, e da qui verso il lago Maggiore e la val d’Ossola;
- da Torino verso Alba, Asti, Alessandria e Tortona, con deviazione ad Asti verso il mare attraverso Nizza ed Acqui Terme;
- pedemontano, da Arona a Gattinara, Biella, Ivrea, Ciriè verso Torino;
- da Torino verso Susa e la Savoia.
La lettura dei sistemi di beni presenti in modo diffuso sul territorio provinciale, inoltre evidenzia il rapporto stretto fra nuclei urbani e rurali, sistemi di beni architettonici e sistema fisico naturale, connotando aree ben definite nei caratteri paesaggistici, fisici e morfologici, cui fa riscontro la presenza di determinati sistemi di beni.
Ci si riferisce ad esempio al sistema delle fortificazioni nelle aree della lingua morenica, ove le rocche e i castelli quattrocenteschi sono sorti in posizioni dominanti, a diretto controllo della sottostante pianura, come avviene a Briona, Barengo, Vergano, o al sistema delle ville, che rappresenta in parte la continuazione storica del precedente sistema fortificato, ove il legame con il sistema fisico naturale è determinato da condizioni di clima e di paesaggio, nonché dalla posizione dominante ed aperta verso le visuali ad ampio respiro che si possono avere sulle coste lacustri e sui rilievi pedemontani.
Lo stesso stretto legame fra insediamenti e organizzazione del territorio è ben evidenziato dal sistema delle cascine, grandi complessi a corte nella piana irrigua, ove controllano vasti appezzamenti di terreno, dimensionalmente più contenute e tipologicamente diversificate nelle aree della alta pianura, ove, in generale si registra una presenza più diffusa di borghi e di addensamenti di edifici rurali.
1.4.3. I laghi e le colline: il turismo ed il paesaggio
Se la regione Piemonte offre non poche attrattive turistiche variamente diffuse sul suo territorio, molte di esse si trovano nella provincia di Novara, concentrate in particolare nella zona dei laghi, nelle aree collinari del basso verbano e sui terrazzi morenici, ove negli ultimi anni si sta sviluppando un turismo legato prevalentemente al tempo libero ed allo sport.
L’industria del turismo appare storicamente consolidata soprattutto sulle riviere dei due grandi bacini lacustri prealpini, il lago d’Orta ed il lago Maggiore, che a partire dal sei- settecento sono diventati meta per la residenza estiva di membri dell’aristocrazia e della borghesia urbana.
Il Verbano, grazie alla vicinanza ed alla continuità culturale con Milano e la Lombardia, durante l’occupazione degli austriaci di Maria Teresa, diventa un centro di raccolta di molti intellettuali e patrioti italiani del risorgimento, da Felice Cavallotti alla famiglia Cairoli, dal Manzoni a Rosmini, Correnti, Carcano ed altri ancora.
La presenza della ferrovia ad Arona dal 1855 e dei battelli fluviali permisero un moderno sviluppo turistico del verbano, e dalla metà dell’ottocento si avvia una notevole attività edilizia, con la costruzione di grandi residenze, ville con parchi spesso spettacolari, che vanno gradatamente a sostituire un paesaggio precedentemente boscato e coltivato a vite.
Ciò favorì lo sviluppo di un turismo culturale, d’élite, composto da scrittori, intellettuali ed artisti provenienti da varie nazioni, e con esso la nascita dell’industria alberghiera.
Nel Cusio, invece, lo sviluppo turistico diede impulso all’economia locale solo a partire da questo secolo, anche se il sistema delle ville e delle residenze patrizie del lago d’Orta, originatosi nel seicento con la realizzazione in Orta di importanti edifici residenziali, ebbe come nel Verbano un forte impulso durante l’ottocento.
Entrambe le riviere offrono al visitatore un paesaggio culturale e naturale estremamente suggestivo e spettacolare, ricco di monumenti ed opere d’arte emergenti di alto livello artistico, in posizioni dominanti e strutturanti il territorio a vasta scala, spesso inseriti in un contesto ambientale fortemente antropizzato e composto da un minuto tessuto di beni ambientali minori.
Gli insediamenti urbani di maggior rilievo, Orta ed Arona, per quanto fra loro molto differenti, si pongono come meta obbligata per il turista di qualsiasi livello, offrendo un elevato numero di possibilità di svago, fra loro diversificate e relative anche alla fruizione di un ambiente naturale in buona parte preservato dall’azione antropica grazie alla propria conformazione orografica, o talvolta grazie all’istituzione di aree protette, parchi e riserve naturali.
L’area del basso verbano, anch’essa vocata ad un turismo legato allo svago ed al tempo libero, sta vivendo negli ultimi anni un fenomeno di ripresa turistica legato al fenomeno delle seconde case ed alla realizzazione di altre iniziative, prima fra tutte la realizzazione di impianti sportivi per il gioco del golf e relativi centri attrezzati.
Tale fenomeno, se non ricondotto entro i confini di una programmazione degli interventi mirata al riequilibrio dell’ambiente ed alla sua tutela, rischia però di compromettere alcune aree collinari interessanti sotto il profilo ecologico, oltretutto sensibili e di primaria importanza per il sistema di ricarica delle falde acquifere.
1.4.4. I territori agricoli e il paesaggio
La struttura agraria è certamente ciò che determina con maggiore forza i caratteri del paesaggio piemontese, sia per la quantità del territorio da essa governato, sia per la qualità delle aziende operanti. Ben diversa è la situazione dell'area milanese di confine, dove l'estendersi delle strutture urbane ha reso quasi del tutto marginali le aree agricole, presenti in maniera sensibile solo nella porzione meridionale e pavese.
La grande pianura vercellese e novarese, e con essa la parte lombarda della Lomellina e del sud milano, sono dominate dalla presenza estensiva della coltivazione del riso resa possibile dalla rete irrigua dei canali di derivazione dal Ticino e dal Sesia.
Si tratta di grandi spazi aperti caratterizzati dalla presenza dell'acqua nei periodi di crescita del riso, nei quali gli elementi emergenti di riferimento sono costituiti quasi esclusivamente dalle cascine e dai nuclei rurali: la perdita delle alberature di ripa e di bordo campo, dovuta all'estendersi delle camere e all'uso di diserbanti mirati, è certamente un aspetto negativo difficilmente ovviabile se non con interventi di sostegno di carattere estensivo. Dove la coltura del riso non è conveniente subentra quella del mais, soprattutto per la produzione di mangimi per l'allevamento, che è pure consistente, con analoghi effetti sull'appiattimento del paesaggio ma, se possibile, con ancor meno capacità di caratterizzazione.
In ogni caso la continuità del territorio, oltre che essere una necessità preponderante per l'attività agricola è essa stessa fattore di paesaggio.
L'infrastrutturazione agraria è rada, data la dimensione medio-grande delle aziende, ed è spesso alterata dalla presenza delle grandi direttrici di comunicazione.
L'agricoltura dell'alta pianura asciutta e delle zone collinari piemontesi, ha conservato invece la propria ragione d'essere nella attività viti-vinicola, con aree di importante e nota produzione di vini pregiati. Questa attività, che si estende anche sui primi terrazzamenti della pianura non soltanto è elemento determinante del paesaggio, ma consente anche la permanenza di consistenti fasce boscate con notevole vantaggio rispetto alla varietà degli ecosistemi. Le aziende sono, in genere, di piccola dimensione, spesso riunite in consorzi di produzione, che garantiscono l'unitarietà e la difesa dei terreni a coltura. L'infrastrutturazione agraria è quindi più fitta e la maglia dei percorsi dotata di maggiori alternative rispetto alla rete della grande mobilità.
Anche nel novarese in molte delle zone collinari e dei terrazzi alluvionali viene praticata da tempi storici la coltura della vite, risalendo ad epoca romana le prime citazioni di vini prodotti nel novarese.
La produzione più importante sotto il profilo qualitativo si registra sulla costa del Sesia, da Briona, sino a Romagnano Sesia, ed oltre sino a Boca, ove esistono quattro zone ove si producono Vini con Denominazione di Origine Controllata; dopo una fase di regresso che ha visto la progressiva riduzione ed abbandono delle aree coltivate, la vite oggi è tornata ad occupare un posto di rilievo nell’economia locale, ed è di recente data l’istituzione di una ulteriore zona di coltivazione pregiata, una nuova D.O.C.che ricomprende, oltre alla zona precedente, anche il territorio del pianalto e la lingua morenica del basso Verbano, sino ad Oleggio.
L’auspicio è che a tale sviluppo dell’industria vitivinicola si affianchi un turismo attento e legato anche a questo fenomeno storico-culturale, turismo già fortemente presente in Piemonte nella zona delle Langhe e del Monferrato, quella tradizionalmente ed internazionalmente riconosciuta essere fra le migliori al mondo, a cui, con le dovute differenze si dovrà fare necessariamente riferimento per il modello di sviluppo, ma al quale affiancare altre risorse legate alla cultura locale.
Nelle zone più vicine ai laghi (soprattutto al lago Maggiore) si assiste all'estendersi dell'attività di florovivaismo, legata sia a situazioni microclimatiche e di qualità dei terreni, sia soprattutto alla presenza di centri turistici di richiamo.
La porzione di montagna del territorio in esame è caratterizzata dalla grande presenza dei boschi, dove ancora sussistono ampie zone governate dagli "usi civici", dove, però, la sopravvivenza dell'attività agricola è del tutto precaria in quanto sia la conduzione dei boschi, sia l'allevamento legato al prato-pascolo non sono considerate attività premianti.
Con l'istituzione della provincia del Verbano-Cusio-Ossola la parte novarese appartenente alla fascia montana si è ridotta alle pendici meridionali del Mottarone e del Monte Fenera e la grande fascia irrigua interessa la maggior parte del territorio provinciale.
1.4.5. Il sistema delle aree protette regionali
La differente situazione territoriale descritta nei paragrafi precedenti si riflette nel sistema delle aree protette delle due regioni confinanti. La maggior parte dei parchi della regione Lombardia è concentrata nella provincia di Milano ed ha come principale scopo la difesa del territorio dall'estendersi delle urbanizzazioni. Dunque non si tratta di territori a "parco" nel senso stretto del termine, quanto di territori sottoposti a tutela e a pianificazione finalizzata alla conservazione di spazi liberi, vitali ma anche residuali, controllata dalla regione stessa (i parchi Regionali lombardi vengono approvati con Legge).
A partire dal parco della valle del Ticino la Regione ha cercato di tutelare, nell'area a nord di Milano, gli scarsi territori liberi ed il sistema paesistico delle prime pendici collinari, ma con il parco agricolo sud Milano ha dovuto anche intervenire per la tutela di una struttura agraria che, per quanto forte ed organizzata, si trova in forte condizione di rischio.
La Regione Piemonte, nella quale la pressione insediativa è concentrata quasi esclusivamente all'intorno del capoluogo e delle città più importanti, ha potuto concentrare il proprio sistema di tutela nei luoghi di maggiore interesse per la qualità dei siti (lame del Sesia, zona umida di Dormelletto) e per piccole porzioni di territorio effettivamente gestibili come "parco", spesso derivanti da riserve di caccia reali o nobiliari (la Mandria, Stupinigi, il bosco della Partecipanza). Le zone più estese di tutela sono concentrate nella fascia di montagna e lungo il Po. Anche la parte piemontese del parco lungo il Ticino è sensibilmente meno ampia di quella lombarda.
Il paesaggio collinare e dell'alta pianura è infatti protetto dalla presenza di strutture agrarie capaci di difendersi e di mantenere e caratterizzare il paesaggio. Nel territorio novarese la zona delle "Baragge" e l'area del monte Fenera sono protette e rese disponibili ad una fruizione legata soprattutto alla qualità della vegetazione e del paesaggio di brughiera e di montagna piuttosto che, come per le Groane nel milanese o per la pineta di Tradate nel varesotto, principalmente per garantirne la sopravvivenza.
Va sottolineato, per altro, che il Piano territoriale Regionale del Piemonte prevede la tutela e la pianificazione di vaste aree, individuate per il loro valore paesistico, attraverso la formazione di Piani territoriali di competenza provinciale e locale.
1.5. Punti di forza e di debolezza dell'area Novarese in relazione al contesto regionale e interregionale: Un'analisi SWOT
Nel delineare un quadro analitico/interpretativo, in grado di dar conto del posizionamento competitivo della provincia di Novara nel più vasto contesto del territorio del Nord-Ovest italiano, può risultare di una certa fecondità utilizzare analisi di tipo SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats). Tali analisi è finalizzata a identificare i punti di forza e di debolezza del sistema locale alla luce delle opportunità, dei rischi e delle sfide che si manifestano nell'ambiente esterno e - conseguentemente - a tratteggiare scenari evolutivi in grado di esemplificare possibili traiettorie di sviluppo della provincia.
Su questa base potrà svilupparsi il processo di pianificazione, inteso come un'attività multiattoriale, dialogica e interattiva, finalizzata a individuare gli obiettivi desiderabili, le strategie, le azioni da compiere - e i soggetti interessati - al fine di promuove un ordinato sviluppo economico-territoriale della provincia.
Punti di forza (Strenght)
- La provincia di Novara è una "regione cerniera", collocata in una posizione geografica privilegiata, sia rispetto agli assi Lione-Trieste-Est Europa e
Centro Europa-Sempione-Genova-Mediterraneo, sia rispetto alle due principali aree metropolitane del nord Italia
L’area novarese è collocata in uno snodo infrastrutturale di eccezionale rilievo. Il suo territorio è interessato da una forte rete autostradale (A4, A26, A8), da una fitta rete su ferro e si affaccia sul nuovo scalo di Malpensa 2000. - La situazione demografica è relativamente favorevole, soprattutto rispetto alle altre provincie del Piemonte: la popolazione è giovane e ancora in crescita.
I tassi di disoccupazione sono contenuti e non sono presenti violenti conflitti sociali. - E’ presente un forte network di attori economico-sociali, rappresentativi di un tessuto ricco e articolato. La società locale è relativamente coesa ed è presente una buona condivisione dei grandi obiettivi strategici.
- Il ruolo degli enti locali è riconosciuto dai principali interlocutori economici e sociali: frequenti iniziative di discussione e concertazione.
Attesa nei confronti del PTP.
Richieste di coordinamento - Il settore agricolo è forte e industrializzato, centrato su un tessuto di imprese ben organizzate.
Grandi potenzialità anche nei settori vitivinicolo e del florovivaismo. -
Non sufficiente attenzione alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti e agli orientamenti del mercato.
La tradizione imprenditoriale del novarese è antica: è forte una cultura d’intrapresa radicata localmente.
- Il tessuto delle PMI è ricco e diversificato sotto il profilo settoriale e della dinamicità imprenditoriale.
Sono presenti due principali sistemi locali con caratteri distrettuali: il distretto meccanico della rubinetteria e del valvolame tra San Maurizio D’Opaglio e Borgomanero e il distretto del tessile/abbigliamento nell’area di Oleggio-Varallo Pombia con estensioni nella medio bassa pianura.
Il tessuto delle PMI è fortemente export-oriented. - Sono presenti e fortemente radicate sul territorio aziende di credito che hanno avuto un ruolo storico nella promozione dello sviluppo locale: la Banca Popolare di Novara e la Banca Popolare di Intra.
- Novara è con Vercelli e Alessandria sede del polo dell’Università del Piemonte Orientale. Sono localizzate a Novara facoltà altamente qualificate.
- Novara è storicamente un importante polo della ricerca, dotato di centri di eccellenza di grande tradizione (Ist. Donegani, Ist. Metalli Leggeri).
- Sono presenti imprese innovative in settori ad alta tecnologia (chimica fine, materiali), nelle quali è impegnato capitale umano altamente qualificato.
- La provincia ha straordinarie risorse ambientali: i due laghi, il Mottarone, il Ticino, il Sesia, l’area collinare,...
- Novara è ormai un polo di livello regionale nel sistema dei servizi. E’ forte e qualificata l’offerta nel settore della distribuzione grande e piccola. Cresce la capacità del piccolo commercio di posizionarsi in segmenti di qualità.
Punti di debolezza (Weakness)
- Il necessario ammodernamento delle reti è in ritardo rispetto ai processi in corso. Le infrastrutture dello sviluppo sono oggi insufficienti di fronte alle nuove sfide competitive: la rete stradale e autostradale è in alcuni tratti sottodimensionata rispetto ai nuovi bisogni, l’armatura ferroviaria è poco integrata.
- La società locale mostra segni di conservatorismo e di inerzia, soprattutto rispetto alla capacità di produrre "innovazioni di sistema"
- E’ inadeguata la capacità di progettazione e di azione comune.
E’ bassa la propensione all’azione "congiunta" per la realizzazione di investimenti che rafforzino il "capitale fisso sociale". - E’ difficile il rapporto con la Regione Piemonte, molto spesso ritenuta "Torino-centrica".
Manca una adeguata capacità di coordinamento e regia interistituzionale, soprattutto tra la Provincia e i comuni.
L’azione della pubblica amministrazione non è sempre efficace ed efficiente, soprattutto nei confronti delle domande poste dal sistema delle imprese.
Ritardi nell'avvio di azioni di pianificazione e di governo. - La spinta industrializzazione e la mono-cultura risicola della pianura hanno modificato il paesaggio e ridotto la qualità ambientale delle aree urbane intercluse.
La coltura del riso si sta avviando verso un periodo di gravi difficoltà di mercato. - La grande impresa "fordista" è in difficoltà (ridimensionamento del polo chimico novarese) o in fase di ristrutturazione (editoria, settore alimentare).
Alcune centrali direzionali e decisionali delle grandi imprese si sono spostate altrove. - Mancano aree industriali dotate di infrastrutture e servizi, adatte alla localizzazione di nuove imprese. La delimitazione istituzionale dei distretti non rispecchia la loro realtà territoriale e organizzativa. E’ stata finora assente una politica specifica per i distretti industriali.
I vantaggi del distretto meccanico (rubinetteria tra Borgomanero e basso Cusio) sono ancora troppo legati alla competitività dei prezzi. Alcune filiere produttive tradizionali (tessile e abbigliamento) sono in difficoltà nel nuovo contesto competitivo.
I sistemi locali sono in sofferenza a causa della carenza dei servizi territoriali per le imprese e dei bassi livelli di connessione con le reti infrastrutturali superiori. - L’accesso al credito da parte delle PMI e alle imprese artigiane è limitato. Sono forti i problemi di finanziamento per i progetti imprenditoriali innovativi.
- L’offerta formativa è scarsamente diversificata, soprattutto nei corsi di laurea più legati alla struttura produttiva caratterizzante il contesto novarese. Mancano in particolare offerte formative nel segmento dei diplomi universitari.
- Le strutture e i poli tradizionali della ricerca sono stati ridimensionati: è in corso una "fuga di cervelli".
- E’ insufficiente l’offerta di professionalità qualificate, sia a livello operaio sia ai livelli superiori. Manca una politica complessiva del capitale umano, dalla formazione professionale alla formazione universitaria e post-universitaria.
- Il settore turistico è importante ma fragile, soprattutto perché poco innovativo e legato a una struttura d’impresa tradizionale. Manca una offerta adeguata nei servizi a sostegno e a complemento del turismo ricreativo e nel segmento del turismo d’affari.
- La terziarizzazione che ha investito la provincia e soprattutto il polo novarese ha riguardato innanzitutto i servizi meno qualificati: è modesto il tessuto delle imprese di servizio ad alto valore aggiunto.
Opportunità (Opportunities)
- Effetti virtuosi della realizzazione dei grandi progetti infrastrutturali previsti per il territorio novarese:
- sviluppo degli effetti indotti dalla realizzazione dello scalo Malpensa 2000;
- sviluppo del settore della logistica e dell’intermodalità (pieno dispiegamento delle attività del CIM);
- progetto dell’alta capacità e riassetto del sistema delle infrastrutture sugli assi N/S ed E/O.
- Sviluppo del polo universitario e integrazione con il sistema della ricerca e dell’innovazione
- Presenza di strumenti di concertazione già operativi (tavolo di concertazione) e programmati (Agenzia).
- Disponibilità nazionali e europee di incentivo e di trasferimento di know how per progetti di riqualificazione urbana e ambientale.
- Processi di decentramento di competenze e di snellimento burocratico (pianificazione territoriale, formazione professionale, sportello unico, autonomia degli atenei universitari, ecc.).
- Innovazioni radicali nella struttura del sistema del credito e degli intermediari finanziari e introduzione di strumenti innovativi di finanziamento.
- Possibile avvio regionale di un distretto agro-industriale risicolo e del vino.
- Elevata domanda di qualità ambientale e urbanistica dei nuovi insediamenti.
Rischi (Threats)
- Crescente concorrenzialità di altre aree rispetto alla localizzazione di funzioni pregiate e di nuove imprese e alla capacità di appropriarsi degli spillover dei grandi progetti infrastrutturali:l’area milanese sul fonte dell’alta direzionalità e del terziario avanzato;
- Verona come grande polo logistico del Nord Italia;
- le provincie della Lombardia occidentale rispetto agli effetti di Malpensa 2000;
- le provincie lombarde e il vercellese rispetto all’offerta insediativa.
- Impoverimento complessivo del capitale umano e progressiva "estroversione" della struttura economica della provincia (incapacità di trovare un profilo e crescente dipendenza da Milano).
- Paralisi decisionale e "confrontation game" relativamente alle funzioni e all’operatività dell’Agenzia per lo Sviluppo.
- Progressiva e ulteriore riduzione delle risorse e dei finanziamenti diretti allo sviluppo locale da parte dell’UE (con la ridefinizione degli obiettivi territoriali nel nuovo Programma Quadro) e del Governo nazionale (con una ulteriore accentuazione degli sforzi verso le regioni meridionali).
- Indebolimento delle capacità tecniche e finanziarie degli enti pubblici .
- Perdita del radicamento territoriale delle grandi banche popolari del novarese per effetto dei processi di globalizzazione.
- Aspettative di crisi strutturale delle colture risicole.
- Spinte speculative sul fronte immobiliare, in relazione ai grandi progetti in corso di attuazione, con conseguente riduzione della qualità ambientale e della qualità della vita.
Lo scenario virtuoso
- Capacità di cogliere l’occasione della realizzazione dei grandi progetti infrastrutturali per consolidare un ruolo della provincia come "area cerniera" di livello europeo e per favorire la creazione e la localizzazione di nuove imprese legate ai settori della logistica e del primo trattamento delle merci.
- Qualificazione di Novara come polo dei servizi al sistema produttivi, della ricerca e dell’università, fortemente integrato con i sistemi produttivi locali. Posizionamento del polo novarese come polo complementare, non competitivo, rispetto a Milano.
- Rafforzamento della vocazione industriale della provincia, attraverso lo sviluppo della competitività delle PMI sui terreni dell’innovazione, della qualità e della ricchezza del capitale umano.
- Rilancio di uno sviluppo "ambientalmente sostenibile" del settore turistico, fortemente intrecciato alla valorizzazione del patrimonio storico ambientale e paesaggistico.
- Evoluzione marketoriented della produzione risicola, più rispettosa dell'ambiente e forte valorizzazione dei prodotti tipici nei segmenti delle colture non industrializzate.
- Capacità di coordinamento e programmazione tra istituzioni e attori sociali, e di realizzazione di progetti e politiche comuni. Buon funzionamento dell’Agenzia di Sviluppo e di altri strumenti di coordinamento (sportello unico, agenzie di sviluppo a livello di distretto, etc.). Buona capacità di progettare e implementare politiche "abilitanti" per lo sviluppo locale.
- Ruolo crescente della provincia di Novara nei confronti delle Regioni, del Governo e dell’UE. Forte capacità di lobbying e di marketing territoriale. Forte capacità di coordinamento delle azioni dei comuni e di coinvolgimento dei comuni nell’elaborazione delle strategie di sviluppo.
Lo scenario "critico"
- Incapacità di realizzare le necessarie "infrastrutture per lo sviluppo" e riduzione del ruolo potenziale di Novara da snodo logistico e infrastrutturale di livello europeo a zona a sviluppo stagnante o addirittura declinante, estranea ai grandi circuiti internazionali materiali e immateriali.
- Mancata connessione tra polo universitario e polo della ricerca, con conseguente affermazione per il polo novarese di un modello di terziarizzazione centrato sui servizi meno innovativi.
- Crisi del modello di crescita centrato sulle PMI in ragione della crescente concorrenzialità di prezzo di altri sistemi produttivi locali italiani ed esteri e in mancanza di una forte capacità di innovazione e qualificazione dei prodotti.
- Riduzione della qualità ambientale e della qualità della vita, in ragione della realizzazione di operazioni e progetti non coordinati, ad elevata consumo di suolo e impatto ambientale.
- Crisi del settore della produzione risicola e riduzione drastica del peso dell’agricoltura nell’equilibrio economico-produttivo complessivo del novarese.
- Crisi e paralisi dei processi decisionali. Incapacità di realizzare progetti condivisi. L’Agenzia diventa più un ostacolo che un veicolo per costruire azioni comuni.
- Debolezza crescente delle istituzioni e degli enti locali. Scarsa programmazione e scarso coordinamento delle azioni svolte dalle singole comunità locali.