Fara Doc

Il Fara Doc deve la sua nascita e la sua fortuna ad abati, vescovi e signori, che in età medievale si dedicavano alla coltura dei vitigni da cui si produce questa Doc. Le motivazioni di tanta cura non erano solo di carattere liturgico, poiché era uso comune per la chiesa vendere il prodotto delle vigne per assicurarsi una rendita indispensabile al sostentamento della comunità ecclesiastica.

Come si consuma
Il Fara Doc è ottimo con carni rosse, cacciagione e formaggi stagionati. Se ne consiglia la degustazione a una temperatura di 16°C in calici allungati, dal quarto al decimo anno successivo alla vendemmia.

Come si conserva
Non ci sono particolari regole da seguire per conservare il Fara Doc; è sufficiente tenere il vino al buio, avendo cura che la temperatura sia costante fra 10 e 15°C e, per impedire che il tappo si asciughi, l'umidità deve aggirarsi intorno al 70-75%. Le bottiglie vanno conservate in posizione orizzontale su scaffalature di legno.

Come si produce
La vinificazione del Fara Doc avviene con le parti solide dell'uva, cioè bucce e vinaccioli, messe a contatto con il mosto durante la fermentazione. In questo modo si estraggono parte delle sostanze, antociani e tannini, contenute nella vinaccia. L'uva viene pigiata e solfitata e poi destinata alle fasi di fermentazione e macerazione. Al termine avviene la svinatura, che permette la separazione delle bucce e dei vinaccioli dal mosto-vino. Questo viene sottoposto a travasi, necessari a separare la frazione limpida dalla feccia e a eliminare altre eventuali sostanze solide. La fase finale del processo produttivo prevede la stabilizzazione e l'invecchiamento. Il disciplinare di produzione prevede un invecchiamento minimo di tre anni di cui almeno due in botti di rovere o castagno; infine la vinificazione del Fara Doc si conclude con l'imbottigliamento.

La scheda è tratta dal sito www.naturalmenteitaliano.it (il portale promosso dal Ministero delle Politiche agricole e forestali e dalle Regioni italiane, in collaborazione con Ismea e Ice).